
Nei rapporti tesi e per diversi aspetti contraddittori tra comunità internazionale e il governo birmano, si inserisce anche un’inattesa ripresa del turismo. Il numero di visitatori stranieri è cresciuto del 30% nell’ultimo anno arrivando a 260mila. Seppure non ancora a livelli pre-repressione del 2007, anticipano il consolidamento indicato dai primi dati disponibili per la stagione turistica in corso. L’immagine di sicurezza e di stabilità che il regime intende dare, pagata a caro prezzo dagli oppositori, come pure le campagne promozionali, sembrano fare breccia tra i viaggiatori attratti dalle bellezze naturali e culturali di questa terra. Per quanto riguarda l’Occidente, sono soprattutto di passaporto tedesco e francese, cittadini di Stati che applicano le sanzioni verso i generali.
Aung San Suu Kyi ha chiesto più volte al turismo internazionale di boicottare il suo Paese, perché con i loro dollari, euro o yen contribuiscono a finanziare la repressione.
Di diverso parere gli operatori turistici locali. «I militari non si curano più di tanto degli introiti dovuti al turismo (165milioni di dollari lo scorso anno), assai inferiori rispetto a quelli della vendita di gas naturale – dice uno dei maggiori tour operator di Yangon –.
D’altro canto, il turismo contribuisce a sostenere la popolazione locale, dai conducenti di calesse ai barcaioli o al personale alberghiero con le loro famiglie». ( S.Vec.)
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Foto: Il leader birmano Than Shwe
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