Oggi
a Radio Marconi sono intervenuto alla rubrica “L'opinione”.
Ho
commentato, a partire soprattutto dal nostro contesto interno, la
notizia della uccisione in Tunisia di Chokri
Belaid, leader del Partito unificato democratico nazionalista.
Riporto schematicamente alcune mie risposte.
Tra
gli aspetti carenti nella campagna elettorale in atto quello della
politica internazionale è il più evidente. Salvo poi imporsi per
qualche giorno sui giornali per via
di episodi cruenti. Oggi ad
esempio è quello della uccisione del leader di opposizione tunisino.
Eppure in Italia non mancano anche istituzioni di pregio attente a
questo fronte. Penso ad esempio all'Ispi che ieri è stato visitato
dal presidente della repubblica. Ne parlo con coscienza di causa
poiché vi ho frequentato diversi corsi di cooperazione e sviluppo
internazionale.
Bisogna dire
in verità che la politica estera non è nell'agenda dei politici
perché non è nella testa della gente. La struttura di pensiero più
comune, riguardo i problemi, è ancora quella - per dirla con un
esempio - dell'espressione matematica: prima risolvo le mie
preoccupazioni nella parentesi tonda, poi mi allargo a quella quadra
ed infine a quella graffa.
Ma il mondo
non è così. Bauman parla di società liquida e tra i tanti
significati di questa parola c'è pure quello che evoca come un
qualsiasi elemento inserito in un liquido cambia il gusto all'intero
liquido.
Ma per
tornare allo spunto della notizia della uccisione del leader di
opposizione tunisino, dobbiamo prendere coscienza che l'Italia ha un
compito storico/geografico nel mediterraneo. E non capirlo va a
nostro danno. Oggi va di moda l'espressione “ce lo chiede l'Europa”
, dalla economia a diritti civili. Ma cosa ci chiede il mediterraneo?
Una domanda che non possiamo trascurare sia perché l'Italia ha
concittadini che vivono in quei paesi, sia perché lì vi sono pure
nostri interessi economici, sia perché molte persone che vivono in
Italia vengono da lì e l'integrazione non può essere fatta sulla
ignoranza reciproca.
L'Europa,
col presidente Schulz, ieri ha subito ipotizzato di stabilizzare la
situazione in Tunisia con una sorta di condono del debito economico.
Ma c'è inoltre una variabile, a mio giudizio, che emerge tra tutte:
quella religiosa che pure va tenuta presente. Non solo per il
pericolo esportazione. Secondo Open
Doors, un’organizzazione di diritti umani, la primavera araba si
sta trasformando in inverno per i
cristiani che abitano in quelle terre. E anche per gli stessi
musulmani che combattono
la deriva islamista dei partiti.
Ricordo che il leader tunisino ucciso era musulmano! Quindi
c'è una questione di estremismo religioso che non si combatte con la
sola economia. E neppure con l'emarginazione della questione
religiosa.
Credo che
siano tanti allora i motivi perché i cittadini, e non solo gli
esperti, tornino ad occuparsi di politica estera. Perché questa è
sempre meno “estera”. Ci sono problemi: penso ai militari
italiani detenuti in India, agli imprenditori, ai turisti o ai
volontari rapiti in altri paesi; ma ci sono anche opportunità: penso
all'Expo che non è solo cantieri e commercio, ma dovrebbe essere
relazione internazionale.
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