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E' bene che nella Chiesa ci siano visioni differenti


"E' bene che nella Chiesa ci siano differenze anche oggi, che tuttavia si uniscono nella comune fede". Benedetto XVI ha voluto ricordarlo nella Lectio Divina tenuta questa sera al seminario del Laterano, sottolineando che Pietro nella sua prima Lettera "nomina Silvano e Marco, due persone che appartengono anche all'ambiente di Paolo".
E, come e' noto, tra i due apostoli uccisi a Roma c'era una
distinzione di vedute in merito all'ammissione dei non ebrei nella comunità' cristiana. Ma, ha sottolineato Papa Ratzinger, "se anche c'e' diversità' di stile, di pensiero, di modo di parlare" tutto viene ricondotto all'unita'.
E il primato di Pietro, "uomo pieno di passione e di desiderio del Regno di Dio", ha "un contenuto di universalità'".
E' un dono "per a Chiesa di tutti i tempi", ha spiegato Benedetto XVI aggiungendo che esso "ha anche un contenuto martirologico, perché' la Roma dove arriva Pietro era luogo di martirio" e il primo Papa lo sapeva bene.
- Parlando a braccio ai seminaristi riunti nella Cappella della Madonna della Fiducia - circa 190, provenienti anche dagli altri seminari della Capitale - il Papa ha risposto a un'obiezione degli esegeti circa l'attribuzione a San Pietro della sua prima Lettera.
"Dicono che il suo greco non era da pescatore, che esprimeva un pensiero maturo che condensa la fede e che quindi il testo sia successivo. Ma - ha affermato Joseph Ratzinger - la Lettera stessa ci da' la chiave per capire come sia stato possibile: Pietro ha scritto tramite Silvano, che lo ha aiutato nella redazione, ci indica che non e' stato solo".
Per il Papa teologo questo e' un elemento che deve farci riflettere: "ad annunciare la Verità' non e' un individuo isolato, persone lo aiutano a approfondire il pensiero, Pietro non parla come individuo ma come un uomo della Chiesa, in nome della Chiesa. Non e' un genio individualistico, ma esprime la comunione della Chiesa, la voce di Cristo che riunisce tutte le acque del mondo".
Da questa unita' scaturisce il servizio di Pietro e di tutti i pastori, ha rilevato Ratzinger: "siamo 'eletti' - ha sottolineato - in quanto Dio ci ha conosciuto da sempre prima della nostra nascita, ha cercato me, ha pensato me, mi ha eletto.
Ha voluto che io fossi portatore di una missione e di una responsabilità' verso gli altri, per gli altri, ha eletto me e ciascuno di noi come cattolico, come seminarista, mi ha voluto. Non siamo noi che vogliamo essere eletti, sarebbe trionfalismo, ma e' Lui che ci chiama". Per questo, ha confidato, "c'e gioia nel dire 'sono nato in una famiglia cattolica, che dono e' essere gioiosi per questo: Dio mi ha dato questa grazia di conoscere Gesù'".
Ed e' una gioia, ha concluso il Papa teologo, "anche vedere tanti giovani attenti al sacerdozio e cercano la strada per seguire il Signore in questo nostro tempo".
Al termine della sua straordinaria Lectio Divina, il Pontefice che ha parlato a braccio quasi per un'ora, si e' fermato a cena nel refettorio per condividere ancora un po' di tempo con i seminaristi della diocesi della quale come successore di Pietro e' il vescovo.

Salvatore Izzo (AGI)

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