In
un mondo che “sporca” la bellezza di Dio, credere significa
“toccare” la Sua mano e vedere il Suo amore. Lo ha affermato
Benedetto XVI, al termine degli esercizi spirituali della Quaresima,
predicati nel corso della settimana al Papa e alla Curia Romana dal
cardinale Gianfranco Ravasi. Il Pontefice ha poi ringraziato i suoi
collaboratori per aver condiviso in questi anni le responsabilità
del ministero petrino.
Buio
e sporcizia. Il male è all’opera per mettere in ombra, per
sporcare la bellezza di Dio. Ma da oscurità e fango si emerge con la
fede, la bussola che aiuta a trovare, fra le tenebre, la mano di Dio,
a riscoprirne l’amore e la verità. È semplice e potente
l’immagine che Benedetto XVI trova per dare voce all’esperienza
spirituale vissuta in questi giorni, ascoltando e riflettendo sulle
meditazioni quaresimali del cardinale Gianfranco Ravasi. Già nel
momento stesso in cui Dio crea il mondo per poi constatare alla fine
che tutto “è molto bello”, proprio quel “molto bello”,
afferma il Papa…
“…è
permanentemente contraddetto dal male di questo mondo, dalla
sofferenza, dalla corruzione ... quasi che il maligno voglia
permanentemente sporcare la creazione, per contraddire Dio e per
rendere irriconoscibile la sua verità e la sua bellezza”.
Poco
prima, nel ricordare che il filo conduttore degli esercizi spirituali
era “Arte di credere, arte di pregare”, Benedetto XVI ha detto di
aver pensato che i teologi medievali hanno tradotto la parola greca
Logos,
non solo con Verbum,
ma anche con ars,
cioè “arte”, ritenendole “intercambiabili”. Questo per dire,
ha proseguito, che...
“Il
Logos
non è solo una ragione matematica: il Logos
ha un cuore; il Logos
è anche amore. La verità è bella e la verità e la bellezza vanno
insieme: la bellezza è il sigillo della verità”.
Eppure,
a Cristo – amore, bellezza e verità di Dio, il “Logos”
diventato carne – il mondo riserva una corona di spine. È una
bellezza oscurata, una verità sporcata. E tuttavia, ripete il Papa,
“è proprio così: in questa figura sofferente del Figlio di Dio
cominciamo a vedere la bellezza più profonda del nostro Creatore e
Redentore”:
“Possiamo,
nel silenzio della 'notte oscura', ascoltare tuttavia la Parola. E
credere non è altro che, nell’oscurità del mondo, toccare la mano
di Dio e così, nel silenzio, ascoltare la Parola, vedere l’amore”.
All’inizio,
Benedetto XVI aveva ringraziato il cardinale Ravasi per aver
proposto, attraverso i Salmi, un percorso bello “nell’universo
della fede”. “Siamo rimasti affascinati – aveva spiegato –
dalla ricchezza, dalla profondità, dalla bellezza di questo universo
della fede e rimaniamo grati perché la Parola di Dio ci ha parlato
in nuovo modo, con nuova forza”. Ma anche le ultime parole del Papa
sono di gratitudine. Una gratitudine che supera i confini della
Cappella Redemptoris
Mater,
di una settimana di ritiro spirituale, e che vuole ribadire che la
fine e il nuovo inizio ormai imminenti avranno sempre nel cuore del
Papa l’accento della continuità:
“Alla
fine, cari amici, vorrei ringraziare tutti voi e non solo per questa
settimana, ma per questi otto anni, in cui avete portato con me, con
grande competenza, affetto, amore, fede, il peso del ministero
petrino. Rimane in me questa gratitudine e anche se adesso finisce
l’esteriore visibile comunione - come ha detto il cardinal Ravasi -
rimane la vicinanza spirituale, rimane una profonda comunione nella
preghiera. In questa certezza andiamo avanti, sicuri della vittoria
di Dio, sicuri della verità della bellezza e dell’amore”.
Nella
Lettera indirizzata al cardinale Ravasi per congratularsi per il
lavoro "brillantemente svolto" nell'elaborazione delle
meditazioni quaresimali, Benedetto XVI mette in risalto il "duplice
movimento", ascendente e discendente, che è possibile cogliere
nei Salmi. essi, scrive, "orientano anzitutto verso il Volto di
Dio, verso il mistero in cui la mente umana naufraga, ma che la
stessa Parola divina permette di cogliere secondo i diversi profili
in cui Dio stesso si è rivelato. E, al tempo stesso - nota - proprio
nella luce che promana dal Volto di Dio, la preghiera salmica ci fa
guardare al volto dell’uomo, per riconoscere in verità le sue
gioie e i suoi dolori, le sue angosce e le sue speranze". In
questo modo, sottolinea il Papa, "la Parola di Dio, mediata
dall’ars
orandi
antica e sempre nuova del Popolo ebraico e della Chiesa, ci ha
permesso di rinnovare l’ars
credendi:
un’esigenza sollecitata dall’Anno
della fede
e resa ancora più necessaria dal particolare momento che io
personalmente e la Sede Apostolica stiamo vivendo. Il Successore di
Pietro e i suoi Collaboratori - conclude - sono chiamati a dare alla
Chiesa e al mondo una chiara testimonianza di fede, e questo è
possibile soltanto grazie ad una profonda e stabile immersione nel
dialogo con Dio".
Alessandro
De Carolis
Radio
Vaticana
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