L’Italia
ha votato. Cala di poco più del 5% la percentuale dei votanti,
che resta comunque alta, sopra il 75%. Di questi elettori, più di
un quarto vota Movimento 5 stelle, la principale novità della
tornata elettorale. Se la coalizione di centro-sinistra conquista
di un soffio una risicata maggioranza relativa alla Camera (poco
sotto il 30%), che le vale una confortevole maggioranza in seggi,
al Senato maggioranza non
c’è. Il centro-sinistra ha la
maggioranza del voto popolare, ma il meccanismo elettorale gli
attribuisce un numero di seggi tale da non poter governare. Il
centro-destra, dal canto suo, fa una grande rimonta e conquista il
secondo posto (in voti popolari e seggi).
Ne
risulta una situazione inedita rispetto alla storia della
Repubblica del maggioritario, per cui non è dato sapere quale
sarà l’assetto del governo della XVII legislatura. Ma prima di
affrontare la questione della “governabilità” occorre fare
una riflessione preliminare.
In
realtà, questi risultati elettorali fotografano con crudo
realismo la situazione del Paese e i sentimenti dei cittadini, tra
vecchie appartenenze, smarrimento, crisi economica e istanze di
forte cambiamento, prima di tutto nei modi e nelle risorse della
politica.
I
cittadini si sono espressi e hanno evitato plebisciti e
investiture. L’Italia è un Paese variegato e complicato, tanto
più oggi, nel vivo di una crisi che morde. Con un voto molto
articolato, che non si può rinchiudere in schemi di scuola, gli
elettori costringono tutte le forze politiche vecchie e nuove e i
nuovi Parlamentari a produrre politica. Paradossalmente, un voto a
cui forse sbrigativamente si applica la categoria
dell’“antipolitica” costringe la politica, quella alla quale
ci ha abituati la storia democratica del Paese, a risolvere
finalmente problemi oggettivamente intricati e a indicare
prospettive di governo possibili. Il tutto, però, con lo sguardo
rivolto alla concretezza della vita reale e ai problemi dei
cittadini che la buona politica non può e non deve considerare
secondari. In fondo, i cittadini chiedono solo di essere
adeguatamente rappresentati, ma senza essere stressati. Anche le
democrazie - lo sa bene chi ha alte responsabilità decisionali -
rischiano lo stress. Evitarlo al nostro sistema democratico è una
responsabilità che sta in capo a tutti, Grillo compreso.
A
urne chiuse, dopo avere fatto i conti con la realtà, tutte le
forze politiche si dovranno mettere al lavoro sul percorso
istituzionale, con l’elezione dei presidenti delle due Camere.
Ripartire dalle istituzioni può essere un buon riferimento,
perché costringe alla convergenza. E, persino, a esercitarsi
nella ragionevolezza politica. Si potranno così avere, allora, le
prime indicazioni per il governo e, subito dopo, per l’elezione
del presidente della Repubblica, altro cruciale appuntamento non
eludibile.
Serve
la politica (quella buona) e, nello stesso tempo, le buone
politiche: di qui poi la necessità, senza ideologismi, di
affrontare le tre emergenze che sono sotto gli occhi di tutti,
quella del lavoro, quella istituzionale e quella del rafforzamento
del tessuto etico e della famiglia.
Tutto
questo ha il nome antico ma sempre decisivo di responsabilità.
Dopo una campagna elettorale straordinariamente istruttiva per chi
vorrà riflettere a mente fredda, tutti sono di fronte alla
responsabilità della rappresentanza. Gli elettori hanno suonato
la campanella dell’ultimo giro: attendono risposte.
Francesco
Bonini
Agensir
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