Ogni
anno, in maggio, il seminario di Venegono festeggia i giovani
candidati che saranno ordinati preti il mese successivo. L'occasione
festosa permette pure di celebrare gli anniversari di Messa più
significativi: 70, 65, 50 e 25. E così alla Eucarestia presieduta
dal Card. Scola si uniscono molti confratelli provenienti dalla
diocesi intera. Quest'anno la mia classe di ordinazione è arrivata
al traguardo d'argento (a fianco: il tableau 1988 con le nostre
foto). I compagni mi hanno scelto, in loro rappresentanza, per fare
il brindisi augurale alla fine del pranzo. Riporto
il testo qui per intero poiché in refettorio, per motivi di tempo,
propongo martedì 7 soltanto una versione short.
Festa
dei fiori 2013
1988:
una classe tra due virgole
Eminenza,
astanti tutti.
Mi
si chiede di tratteggiare il profilo della classe che quest'anno
festeggia il XXV. Lo faccio volentieri.
Si
tratta di un gruppo di preti molto bello che ha vissuto però a
cavallo di due epoche. Per questo la storia lo liquiderà con una
semplice incidentale: la fine del 900, (virgola) un epoca di
passaggio (virgola) ... E così la vicenda sarà coccolata da due
parentesi. Lo dico senza vittimismi, sereno, conscio che comunque va
tutto bene, per
citare oratori di vaglia.
Un
quadro storico
A
conforto della mia affermazione mi perito in un breve
excursus che marca le
due sponde dell'identico fluire.
Chi
con me è entrato durante il seminario minore ha trovato ad
accoglierlo il cardinale Colombo e il rettor maggiore Citterio.
Un'era geologica fa! Ma ha pure goduto, in età giovanile, del tifone
Luigi Serenthà e delle speranze di Barzio 1 e Barzio 2.
La
classe in oggetto è poi l'ultima ordinata dopo soli 5 anni di
teologia. Ma anche quella che, tra le prime, ha sperimentato le
pastorali speciali. Non tutti infatti siamo stati prefetti in IV
teologia.
È
inoltre l'ultimo gruppo numeroso di ordinati: ben 46. Ma già 8 hanno
lasciato e uno è andato in paradiso prima di diventare prete.
Gli
insegnanti che ci hanno trasmesso la sana tradizione ambrosiana sono
stati Pasquale Bricchi e la professoressa Carcano, mons. Guzzetti e
mons. Rimoldi. Ma siamo stati pure menti d'abbrivio per glabri
docenti come Severino Pagani, Cesare Pasini e - absit
iniuria verbis -
Mario Delpini. Successivamente tutti diventati pedagogicamente
ortodossi.
La
mia classe ha vissuto nelle fredde camerate liceali e nelle antiche
stanze teologiche, sopportando i contemporanei lavori di restauro.
Restauro che inspiegabilmente diveniva più fervido tra le 13.30 e le
14.00 quando alcuni di noi - del sodalizio nostra
aetate - si
dedicavano alla pennichella. Ma da diaconi abbiamo guadagnato le
nuove dimore. E Spezzibottiani, gran concierge,
ha dettato le regole del buon inquilino. Dopo averci insegnato - in
forma di supplente, a causa di una disavventura di ministero del
titolare - quelle della morale.
Le
caratteristiche della classe
Nell'immaginario
collettivo diocesano la classe dell'88, globalmente intesa, ha un
volto anodino. Anche perché le diverse famiglie che la compongono si
equilibrano, senza prevalere l'una sull'altra. Gli estimatori di
Puebla e
i cultori del Summorum
Pontificum si
equivalgono nel numero. E non sono riconoscibili neppure dall'outfit,
dalla mise.
Un understatement
naturale, non impostato. Diremmo: democristiano.
La
mescolanza di tradizioni ha trovato il suo apice e la sua
cristallizzazione in prima teologia, con i superiori come sensali.
All'epoca
vigeva una classificazione tripartita, sempre negata quanto
applicata.
Il
primo gruppo - degli ottimati - era composto da quelli che entravano
in seminario dopo aver fatto la maturità. Eccellevano coloro che
erano già laureati, in ispecie se in materie tutt'altro che
umanistiche. Alcuni di questi ora sono felicemente parroci, decani,
professori di seminario, preti con incarichi nazionali.
Il
secondo team - i senza infamia e senza lode - provenivano invece dal
seminario minore. Ritenuto un peccato comunque emendabile. Diversi
tra loro ora sono coordinatori di comunità pastorali, vicari
parrocchiali e sin anco segretari di cardinali.
Il
terzo rassemblement
- gli innominabili, che nessun battesimo poteva riabilitare - erano
infine quelli che provenivano dal seminario minore e per giunta
avevano fatto qualche anno di prova proprio durante il liceo. Tra
questi vi è chi al presente ricopre ruoli diplomatici nella chiesa
universale, chi opera in curia, chi regge popolosissime parrocchie e
chi è stato per giunta padre spirituale in seminario. (Gran bei
collaboratori, Eminenza!)
Sarà
forse per questa conformazione dell'io collettivo scisso che - dopo
l'ordinazione - uno solo di noi è stato scelto per continuare gli
studi (e, ironia, proprio in psicologia), mentre i rimanenti 45
furono aggregati al clero badilante.
Se
nonché, ad un certo punto, un silenzioso flusso carsico si appalesò
portando all'odierna situazione: su 46 ordinati ben 14 sono muniti
del fatidico pezzo di
carta e ben di più
seguono una culturale formazione permanente di livello.
Smunta
forse la classe; di tutti i colori però gli alunni...
Un
aneddoto
La
presente location,
il refettorio, mi permette di condividere poi - tra i tanti possibili
- un aneddoto ben vivo nella nostra memoria comune. Si era durante un
ulteriore momento storico di passaggio: dall'ultimo scampolo
dell'arte culinaria delle suore al principiare della Bibos. Ciascuno
provvedeva ad un parallelo sistema di approvvigionamento. Soprattutto
per la colazione. I fratelli oblati lasciavano ogni mattina un
barattolo di yogurt sul proprio tavolo. Quasi novelle Rut - che
spigolavano dietro ai mietitori - alcuni di noi abbandonavano
subitaneamente la cappella per precipitarsi a guadagnare l'agognato
trofeo dietetico. Tra gli Achilli, piè veloci, spiccava un chierico
che oggi si pasce a mense meno precarie. Come quella arcivescovile,
ad esempio. Sì, Sì. È proprio lui, Eminenza.
Il
brindisi
Concludo
con il brindisi e mi si permetta di farlo con un taglio
autobiografico. È la seconda volta che fungo da psicopompo per la
mia classe. La prima volta fu nel 1983 a Saronno. C'era in visita il
cardinal Martini ed io - su suggerimento di p. Chiodi - mi imbarcai
in una citazione latina sbagliando tutte le desinenze. L'allora don
Ravasi mi turlupinò per settimane. Desidererei rifarmi. Non perché
abbia imparato il latino, ma perché mi sono esercitato nella
lettura.
Si
bene commemini, causæ sunt quinque bibendi:
Hospitis
adventus;
præsens
sitis atque futura;
Et
vini bonitas,
et
quælibet altera causa.
Tra
queste cause altre si registrano a pieno titolo gli anniversari di
Messa.
Prosit,
dunque.
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