Oggi sono intervenuto a "l'Opinione" di Radio Marconi. Ecco il mio intervento
Oggi
Repubblica riserva diverse pagine al revival della confessione.
Dovuta pure al fascino di papa Francesco. È un dato che anche lei
registra?
Personalmente
non ho notato aumenti con percentuali a due cifre come sostiene
l'articolo. O l'arrivo di penitenti più motivati. Il mio
osservatorio comunque è la parrocchia ordinaria e non i santuari e
quindi qualche discrepanza può esserci.
È vero
invece, dal mio punto di vista, che il trend di simpatia, chiamiamola
così, nei
confronti di questo sacramento è in atto già da qualche
tempo. Anche prima, con papa Benedetto. Così come è vero che
qualcuno dei penitenti citi Francesco per evocare un clima
rasserenato. Una realtà valida anche in altri contesti. Si pensi ad
esempio alla marcia per la vita svoltasi ieri a Roma. Lo scorso anno
i giornali titolavano: Ratzinger attacca la 194. Oggi invece
scrivono: In piazza San Pietro il saluto di Papa Francesco ai 30
mila. Il contenuto del messaggio non è affatto cambiato, ma la
recezione sì.
Oltre alla
quantità, è utile parlare anche di qualità. È maturata anche
quella?
Spesso, per
tornare alla confessione, la qualità - almeno quella oggettiva
perché quella soggettiva nessuno la conosce - non è cambiata molto.
Anzi, c'è il rischio di confusione. Una confusione motivata, tra
l'altro, da una non preparazione. Si cade dentro la confessione. Non
tanto perché si colgono le occasioni epocali di conversione che la
letteratura ha registrato. Ma semplicemente perché “passavo di
qui”. Oppure si sottolinea, dei molteplici aspetti del sacramento,
solo quello della confessione dei peccati. E quindi se uno ritiene di
averne si accosta per confessarli, se invece ritiene di non averne
non si confessa. Il centro resta lui e i suoi criteri di giudizio. Ma
il IV sacramento è innanzitutto sacramento
della Conversione. Dell'amore di Dio, cioè. Da ciò consegue il
riconoscimento dei peccati. Credo che questa sia lo grande differenza
tra la seduta psicologica e l'incontro sacramentale. Dallo
specialista si va per sfogare e convogliare soggettive esigenze. Dal
prete invece si dovrebbe andare poiché si è scoperto di essere
amati da Dio e al contempo di non essere adeguati a corrispondere
questo amore. Per dirla con una battuta: ci si confessa, prima che
per scaricare i peccati, per sentirsi dire a nome di Dio “ti voglio
bene”.
Forse questo
fenomeno di riavvicinamento alla confessione è pure un segno della
crisi, segno del bisogno di socialità...
Convengo che
in un contesto sociale come il nostro - basato sull'individualismo
che si trasforma in solitudine - ogni luogo di ascolto è ricercato e
benedetto. Per la verità anche in passato il prete è sempre stato
un confidente anche fuori dalla confessione. E con questa magnanimità
i confessori vivono il loro ministero. Ma anche con la responsabilità
di dover educare la domanda. Una domanda che viene da un battezzato.
Qui casca l'asino. Il penitente non è un uomo qualunque bensì un
battezzato adulto. Che dovrebbe agire in conformità con quel dono o
onestamente riconoscere una incoerenza con questo dato. Penso ad
esempio, per dirla banalmente, alla lista dei peccati che ascolto
dagli adulti: la maggioranza sono relativi a tratti del temperamento
o ad errori umani che raramente rimandano alla coerenza del
battesimo. Si confessa di non stare bene con se stessi. I peccati
contro Dio, i peccati sociali (pagamento delle tasse..), raramente li
registro. Questo credo derivi dal fatto che si sia appannata la meta
cui deve tendere ogni battezzato: la santità. Ciò è fuori persino
dal vocabolario. Lo dico con un esempio. Prima della assoluzione c'è
una preghiera da dire. Termina così: crea in me un cuore puro e
rinnova in me uno spirito di fortezza e di santità. Il 90% dei
fedeli legge sanità e non santità. Perché è una parola che non si
aspetta.
Tornando al
titolo di Repubblica...
Incoraggio
anch'io alla confessione e al confronto diretto, quale che sia la
causa scatenante. La provvidenza si serve della storia... Esortando tuttavia alla umiltà nel farsi guidare.
Che belle confessioni quelle che iniziano così: don, è da tanto che
non mi confesso. Mi aiuti lei.
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