Oggi sono intervenuto a "l'Opinione" di Radio Marconi. Ecco il mio intervento
Ieri sera
l'inchiesta de “Le Iene”. Oggi la ripresa dei giornali con la
dichiarazione del presidente del Senato: chi sa, parli. La vicenda
delle lobby in parlamento sta facendo rumore. Ma forse c'è bisogno
di maggiore chiarezza...
Partirei
facendo proprio un po' di chiarezza. Un gruppo di pressione è un
gruppo lecito,
con una organizzazione formale, in vista
dell'affermazione di un interesse particolare. Aggancia i
rappresentanti del potere legislativo, dell'esecutivo, delle
Authority...
Il lobbismo
- lobby
è parola latina: da lobia
cioè loggia, portico - è presente ovunque nel mondo. Ed è in
genere regolamentato: come in Europa e negli Usa.
Il fenomeno
lobbistico è uno dei segni maggiori del nostro tempo. Un tempo
de-ideologizzato, quindi terreno favorevole per l'ampliarsi di
interessi privati sulla collettività. La denuncia giornalistica di
quanto capita al parlamento italiano racconta proprio di questa
trasversalità: tutti i partiti sono coinvolti.
Questi
gruppi non sono allora “cosa cattiva” in sé?
La questione
non è la presenza delle lobby, ma la loro pubblicità e
regolamentazione. Si stima ad esempio che a Bruxelles vi siano 15.000
lobbisti che difendono gli interessi delle grandi aziende europee.
Questi
gruppi fungono da corpi intermedi tra il potere politico e la società
civile. La politica si serve di loro – in quanto esperti nei vari
campi – per conoscere la realtà e conseguentemente poter
legiferare. Dall'altra però è indubbio che questi gruppi
lecitamente tirino l'acqua al proprio mulino. L'equilibrio però non
dobbiamo chiederlo alle lobby ma alla politica, arte della
mediazione.
Il
fenomeno, diceva, è mondiale. Ma come è la situazione italiana?
In Italia
per la verità il lobbismo ha ancora uno sviluppo limitato e
casereccio. I casi denunciati non li nobiliterei come attività
lobbistica. Ma come magna magna.
La struttura
sociopolitica italiana ha già infatti, nel bene o nel male, dei
piani intermedi di rappresentanza. I partiti politici, ad esempio,
fungono di fatto da aggregatori di interessi; i sindacati e la
confindustria partecipano alla formulazione di politiche pubbliche;
la stessa Chiesa ha una presenza sociale attraverso le sue opere
assistenziali e di carità.
Come
uscirne, dunque? Quale lezione imparare?
Non
dimentichiamo, come dicevo poc'anzi, che l'Italia stessa - nelle sue
articolazioni - si muove lecitamente come lobby in Europa e nel
mondo. E segue delle regole. Regole che non ha in casa e che sarebbe
invece necessario importare. Fin'ora non si è ancora riusciti.
Dal 1948 al
2012, oltre 54 disegni di legge sono stati presentati in Parlamento
su questa materia. Nessuno di questi ha visto la luce.
Così pure a
livello regionale. Solo la Toscana, il Molise e l'Abruzzo hanno delle
norme. Ciò che allora mi preoccupa da noi non sono i poteri, ma i
contropoteri. Sono in controlli. Una democrazia vera è fatta di pesi
e contrappesi.
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