Martedì 7 maggio si terrà a Nocetum una conferenza stampa di presentazione dello stato dei lavori relativi al recupero della locale chiesetta. Non potrò essere presente, ma ho inviato un video-messaggio. Eccolo.
Saluto
cordialmente tutti i presenti chiedendo scusa per questa mia
partecipazione mediata. Mi trovo infatti nel seminario di
Venegono,
insieme al Cardinale e a tantissimi preti, per festeggiare gli
anniversari di Messa di molti di loro.
Con piacere
condivido con voi però qualche pensiero, incoraggiando così il
cantiere di cui parlate e la presenza di Nocetum sul territorio.
La prima
idea che vi partecipo riguarda la chiesetta dei Santi Filippo e
Giacomo, oggetto di lavoro archeologico. Scavare in profondità nel
passato non è mai soltanto un'azione fisica. È pure simbolica. È
ricerca di radici e di senso.
Questa
chiesetta ha motivato la carità sociale nei secoli fondando nell'ora
il labora.
Ciò resta
valido anche oggi. La carità deriva dalla contemplazione, non è
alternativa ad essa. Il restauro quindi, a mio giudizio, è a pieno
titolo un'opera di carità sociale.
Il secondo
pensiero che formulo lo evinco dagli spazi ampli che ancora
circondano la Valle dei monaci
facendone una location spirituale.
Poter vedere l'orizzonte facilita il sorgere di figure e di
esperienze di profezia in linea col passato. Come ai tempi di
Costantino, ad esempio, dove l'Editto ha funto da richiamo per una
convivenza pacifica non solo tra
le fedi ma a partire dalle
fedi. Ogni oggetto antico che l'archeologia troverà nella chiesetta
dei santi Filippo e Giacomo dovrebbe ricordarcelo, spingendo i
contemporanei all'imitazione.
Infine, il
mio contributo si focalizza su una azione che ha sempre
caratterizzato la presenza dei monaci ovunque essi siano stati,
quindi anche dove vi trovate, e che credo resti come compito di
eredità: l'opera di bonifica.
Un tempo si
trattava principalmente di risanare territori paludosi - oggi lì c'è
un depuratore delle acque che potrebbe essere associato a omologa
funzione ideale - ma non dobbiamo dimenticare che certe presenze
servono a bonificare
l’ambiente in un altro senso. Il clima che si respira nelle nostre
società non è salubre, è inquinato da una mentalità non solo poco
cristiana ma nemmeno tanto umana.
In questo
clima si emargina Dio e pure il prossimo, e non ci si impegna per il
bene comune.
Spendere
soldi, energie e competenze per far rivivere una chiesetta sita in
mezzo al campo delle cento pertiche è, allora, una evidente scelta
evocativa.
Una scelta
che si pone su un cammino, certo. Nessuno è arrivato.
Ma parte
solo chi ha una metà da raggiungere.
Buon
cammino, quindi. E buon lavoro.
Grazie,
don Massimo
Pavanello
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