Oggi sono intervenuto a
"l'Opinione" di Radio Marconi. Ecco il mio intervento
Il rito
laico del 1° maggio prevede da 24 anni il concerto in Piazza San
Giovanni. Secondo lei, mostra i segni del tempo?
Osservatori
insospettabili, come la Camusso, leader CGIL, hanno detto che «Il
Concertone è segnato dal tempo». Una affermazione, a mio giudizio,
condivisibile. Anche perchè i segni di un certo sfaldamento di
questo strumento per
parlare ai giovani non sono mancati neppure
quest'anno. Da una parte, ad esempio, c'è stata una ritrovata unità
dei leader sindacali che si sono presentati - dopo diverso tempo -
sullo stesso palco. Dall'altra parte però si sono moltiplicati i
concerti ufficiali, semiufficiali o di contro-programmazione. Almeno
tre sono quelli che hanno fatto notizia: Roma, Napoli e Taranto.
La keremesse
pugliese ha avuto una cronaca asciutta. Forse perchè si è
presentata come alternativa a Piazza san Giovanni e quindi i big
hanno deciso che doveva essere depotenziata. O forse perchè ha
raggiunto meglio il proprio scopo che era quello di usare l'evento
musicale per parlare di lavoro al cuore della gente e non alla
pancia. A Napoli è stato sospeso per violenze tra i presenti. E a
Roma non è mancata la villania dissacratoria che ha oscurato il
messaggio principale.
Il rischio è
sempre quello di far apparire una piazza accondiscendete con tutti i
messaggi che arrivano dal palco, facendo leva sulle emozioni...
La piazza,
sia essa virtuale o fisica, tendenzialmente sceglie sempre di
liberare Barabba. O, almeno, il Barabba che c'è in noi. È successo
ai tempi di Gesù e in molte altre occasioni. Questo non significa
arginare la democrazia e rigettare lo svago collettivo. Anzi,
curiosamente, direi invece che di collettivo certi messaggi hanno
proprio nulla. Sono una affermazione di sé. Individualistica. E non
solidale. L'esatto contrario del messaggio del 1° maggio. Fare la
parodia della messa con un preservativo non ha liberato energie
solidaristiche per le famiglie nel disagio economico. Ha solo
inacidito un clima che non aveva bisogno di altro sale. Per fortuna
gli organizzatori si sono dissociati dall'episodio annunciando di
ricorrere a vie legali.
Si dice
spesso che i giovani capiscano solo se ci si pone al loro livello e
se si parla di cose a loro vicino. È vero?
Non è vero
infatti che i giovani capiscano solo certi discorsi o certi discorsi
fatti loro attraverso linguaggi e modalità “giovanilistiche”. Lo
ha ben ricordato un padre di famiglia all'ortomercato di Milano,
durante la veglia di preparazione alla festività, dicendo come la
preoccupazione del lavoro tocca anche i figli che capiscono e
cominciano a porsi domande alle quali cerchiamo di rispondere in
senso sempre positivo.
Confermo
anch'io questa notizia. In questi giorni, dedicati alle cresime e
alle prime comunioni, sto confessando tanti ragazzi che ringraziano
per il lavoro dei genitori e sono preoccupati per loro.
Il lavoro è
quasi sempre visto in rapporto all'individuo. Ma è l'unico approccio?
Un dato che
mi pare non sia emerso con potenza da nessun concertone - ed è un
ulteriore segno che forse anche qualcosa di questo strumento andrebbe
cambiata - è quello riguardante la famiglia. Fare massa non
significa automaticamente essere solidali. Lo ha richiamato il
cardinal Scola parlando proprio di lavoro e ricordando come gli
interventi di politica sociale sono quasi esclusivamente tesi ad
allargare il mercato del lavoro attraverso una crescita
dell’occupazione femminile. Come se lo scopo sia soltanto il
raggiungimento delle pari opportunità.
Invece non
si tratta solo di proteggere alcune categorie, ma di rendere
compatibile la vita delle famiglie con il mondo del lavoro.
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