
“Mio fratello Shahbaz ha sempre combattuto perché tutti in Pakistan, in particolare i cristiani, potessero vivere la propria fede. Ha dedicato tutta la sua vita a questo. Spero che il suo sacrificio serva per costruire un futuro di pace e di speranza per i cristiani e per tutti i pakistani”. È in partenza da Treviso per Islamabad, Paul Bhatti, fratello del ministro pakistano per le minoranze religiose, Shahbaz Bhatti, ucciso mercoledì 2
marzo a Islamabad da un commando armato, vicino al mercato della capitale. L’attentato è stato compiuto al mattino da un gruppo di uomini mascherati che hanno teso un agguato al ministro per strada. L’hanno tirato fuori dalla sua auto e hanno aperto il fuoco contro di lui, crivellandolo con 30 proiettili prima di fuggire su un’automobile. Bhatti aveva difeso con coraggio Asia Bibi, la cristiana condannata a morte per blasfemia in base a false accuse. Il suo ministero aveva anche istituito da poco “Interfaith cell”, un numero verde contro le discriminazioni religiose. Dopo l’uccisione di Salman Taseer, governatore del Punjab, anche lui accusato dai fondamentalisti islamici di aver difeso Asia Bibi, Bhatti aveva detto al SIR di essere ora “il bersaglio più alto” dei radicali.
Bhatti era nato il 9 settembre 1968, in una famiglia cristiana (sei fratelli) originaria del villaggio di Kushpur. Dopo aver completato gli studi, ha intrapreso la carriera politica nel Pakistan People’s Party. Ha lavorato a stretto contatto con Benazir Bhutto, fino al momento dell’assassinio della leader pakistana.
La sua preghiera. Il fratello, laureato in medicina a Padova, specializzato in chirurgia pediatrica, vive da sei anni a Treviso. Ha insegnato alla Scuola infermieri di Motta di Livenza e ha lavorato sia all’ospedale Ca’ Foncello che ad Oderzo. Lo scorso settembre a Motta di Livenza è stato lui a leggere la preghiera per i cristiani del Pakistan perseguitati, durante il pellegrinaggio mariano con la processione del dono, in occasione del giubileo per i 500 anni delle apparizioni.
Una preghiera che avrebbe dovuto leggere proprio il ministro, rientrato però in patria urgentemente, dopo aver incontrato in Vaticano Benedetto XVI. “Maria, salva le famiglie e i giovani del Punjab dalla violenza e dal terrorismo. Noi abbiamo fiducia in Dio. Lui è il nostro Salvatore. Maria aiuta i cristiani del Pakistan ad essere una coraggiosa famiglia assieme alle persone discriminate da leggi ingiuste, perseguitate e uccise a causa della loro fede. Noi aspettiamo soltanto un posto ai piedi di Gesù. Maria, fa’ che sempre consideriamo i poveri e i dimenticati presenti nella nostra vita. Essi sono la parte bisognosa del corpo di Cristo. Madre del Cielo, nostra Madonna dei Miracoli, Regina del Pakistan, prega per noi”. Così diceva Paul Bhatti sul sagrato della basilica rivolgendosi alla Madonna. Parole che oggi risultano ancora più toccanti.
Una vita dedicata alla libertà. “Ho visto mio fratello il mese scorso – racconta Paul Bhatti – quando sono tornato in Pakistan in occasione della morte di nostro padre. Ero preoccupato per lui, il suo impegno per la libertà religiosa e per modificare la legge sulla blasfemia lo aveva fatto finire nel mirino degli islamisti. Quella legge viene usata quasi solamente contro i cristiani. Le sue proposte stavano per essere accettate, ma gli estremisti hanno mandato un segnale forte della loro contrarietà uccidendo il governatore del Punjab, e così le modifiche sono state bloccate. Shahbaz voleva solo giustizia e libertà per tutti i pakistani, soprattutto per le minoranze religiose”. Agensir
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