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8 marzo. Alzare lo sguardo lasciando a terra rumori e schiamazzi


Preceduto da roventi polemiche, da pesanti insinuazioni che hanno scosso i palazzi della politica, il mondo delle donne italiane si ritrova immerso, alle soglie del nuovo 8 marzo, da diffusi sentimenti di frustrazione e di sgomento. Dove sono andate a finire le grandi parole, che davano nome alla vita con cui nel secolo scorso si è intessuto il pensiero femminile, quello che, reclamando una nuova soggettività nella sfera privata come in ambito pubblico, guardava con speranza alla costruzione di relazioni interpersonali, fondate sui valori del rispetto e della reciprocità?
Vale la pena, dunque, alzare lo sguardo, lasciando a terra rumori e schiamazzi, così che questo giorno, dedicato all'"altra metà del cielo", aiuti tutti - donne e uomini - a ripensare quel mistero originario dell'"unità duale", di cui parlava Giovanni Paolo II,
quando coglieva nelle prime battute di Genesi il manifesto generativo della relazione maschile-femminile, con tutta quella carica simbolica che ancor oggi trascina con sé. Se l'ordine dell'amore appartiene alla vita intima di Dio stesso, è proprio "nel fondamento del disegno eterno di Dio, che la donna è colei in cui l'ordine dell'amore nel mondo creato delle persone trova un terreno per gettare la sua prima radice" (Mulieris dignitatem, 29). Infatti, nel vedere l'affascinante mistero che irradia dalla donna a causa dell'intima grazia che Dio le ha donata, il cuore dell'uomo si illumina e si rivede in essa: "Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa" (Gn 2, 23). La donna è un'altro "io" nella comune umanità. Bisogna riconoscere, affermare e difendere l'uguale dignità dell'uomo e della donna: sono ambedue persone, differentemente da ogni altro essere vivente del mondo attorno a loro.
È quanto continua a ripetere anche Benedetto XVI - si può ricordare al riguardo lo splendido discorso tenuto a Luanda il 22 marzo 2009 - convinto che ambedue i generi sono chiamati a vivere in profonda comunione, in un vicendevole riconoscimento e dono di se stessi, lavorando insieme per il bene comune con le caratteristiche complementari di ciò che è maschile e di ciò che è femminile. Chi non avverte, oggi, il bisogno di dare più spazio alle "ragioni del cuore"? In un mondo come l'attuale dominato dalla tecnica, si sente bisogno di questa complementarietà della donna, affinché l'essere umano vi possa vivere senza disumanizzarsi del tutto. Si pensi alle terre dove abbonda la povertà, alle regioni devastate dalla guerra, a tante situazioni tragiche risultanti da migrazioni forzate... Sono quasi sempre le donne che vi mantengono intatta la dignità umana, difendendo la famiglia e tutelando i valori culturali e religiosi.
I gesti profetici di tante donne partono da qui: avvezze da sempre a sostenere il conflitto e il peso dell'emarginazione e della differenza, hanno compreso la carica rivoluzionaria dell'"essere-lievito", dell'"essere-sale" nascosto dentro le pieghe della storia, consumando nella quotidianità il compito prezioso di generare la vita e di accompagnare il percorso faticoso dell'umanità. Non è certo il vociare degli slogan o le discusse performance negli scenari massmediatici a dar conto, oggi, del ruolo insostituibile della donna sia in ambito privato, nel cuore della famiglia, sia in quello pubblico quando le si offre l'opportunità di mettere a frutto la sua competenza e la sua creatività. È piuttosto il terreno dei tanti gesti quotidiani, quelli che raccontano la vita, a disegnare la sua fisionomia identitaria, che non teme di rischiare il fallimento, quando ci sono di mezzo valori irrinunciabili da difendere e da potenziare.
Alle tante Sakineh, vittime della brutalità fondamentalista, alle molte Teresa di Calcutta, sparse nelle bidonville dell'America Latina o nell'inferno africano delle guerre fratricide, alle tante Rigoberta Menchù che traducono in difficili scelte di vita il metodo non violento come vessillo di promozione umana nelle minoranze schiacciate e dimenticate, alle mamme di figli malati o disabili, lasciate sole con la loro disperata voglia di riscatto, vada il nostro pensiero grato. Rappresentano infatti quella parte migliore, che continua a fecondare gli strati profondi del nostro tessuto sociale, molto spesso distratto da falsi miraggi e privo di quell'energia creatrice che solo l'amore sa comandare.
Paola Ricci Sindoni
Agensir







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