Passa ai contenuti principali

Omelia in occasione della BIT 2010 di S.E. Mons. Antonio Maria Vegliò

Omelia alla Messa in occasione della BIT 2010 di S.E. Mons. Antonio Maria Vegliò Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti - Duomo di Milano, 20 febbraio 2010. (Nella foto, al centro, insieme a - da sinistra - don José Brosel Gavilà e don Massimo Pavanello)

All’inizio della Quaresima, vi invito a rallegrarvi per questo dono, questa opportunità che ci è offerta di cambiare il nostro cuore, liberandoci di ciò che ci lega a noi stessi. Tutti desideriamo essere felici, ma tante volte cerchiamo la felicità proprio nel luogo sbagliato. Sappiamo dove sta il segreto della vera gioia: vivere dall’amore e per l’amore. Siamo stati creati per essere amati e per amare. Questo è il cammino della vita che ci è stato rivelato sotto forma di comandamento: “Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze”, e amerai il tuo prossimo come te stesso.
La felicità è racchiusa nella nostra comunione con Dio e con i fratelli. Questo lo sappiamo, ma quante
volte trascuriamo questa comunione? Quante volte preferiamo vivere per noi stessi? Questo è il senso delle tentazioni che sperimentò Gesù, e delle tentazioni che anche noi sperimentiamo. Il Vangelo di questa prima domenica di Quaresima ci narra proprio la lotta di Gesù contro le tentazioni.
Siamo nel deserto, il luogo delle decisioni, dell’incontro con Dio, della profondità, del guardare la vita e la storia senza inganni e false sicurezze, dove abbiamo la grande libertà di scegliere se amare o diventare complici del male. È un luogo che spesso evitiamo, perché duro; perché lì siamo noi stessi, perché lì ci sono io e Dio, che mi parla. E nel deserto Gesù è tentato.
Le tentazioni ci sono e questo non deve scandalizzarci. Il problema è quando non sappiamo più riconoscerle, perché abbiamo perso la capacità di distinguere tra il bene e il male. Al riguardo Benedetto XVI scrive nel suo libro “Gesù di Nazaret”: «Appare chiaro il nocciolo di ogni tentazione: rimuovere Dio, che di fronte a tutto ciò che nella nostra vita appare più urgente sembra secondario, se non superfluo e fastidioso. Mettere ordine da soli nel mondo, senza Dio» (p. 50).
Nella prima tentazione, “Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane»”. È la tentazione di considerare “Signore” il nostro corpo, la nostra comodità, il semplice piacere. E di fronte a ciò, Gesù risponde: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. È vero che la persona ha bisogno di mangiare, ma l’anelito del nostro cuore necessita molto di più. Gesù non vivrà cercando il proprio interesse. Moltiplicherà il pane quando vedrà i poveri soffrire la fame. La Parola viva di Dio sarà il suo alimento. E noi cristiani ci allontaniamo da Gesù se anteponiamo il nostro benessere alle necessità degli ultimi.
Nella seconda tentazione, “il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: ‘Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra’»”. È la tentazione di voler essere signore della storia, di manipolare la volontà di Dio, di voler fare la propria volontà. E di fronte a ciò, Gesù risponde: “Sta scritto anche: «Non metterai alla prova il Signore Dio tuo»”. Egli non apparirà come un Messia trionfatore, non porrà Dio al servizio della sua gloria personale. Il suo trionfo starà nell’occupare l’ultimo posto, nel suo atteggiamento di servizio. E noi cristiani ci allontaniamo da Gesù se preferiamo la nostra gloria piuttosto che servire il prossimo.
Nella terza tentazione, “il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai»”. È la tentazione dell’avere, della ricchezza, dell’accumulare, del possedere, del potere. E di fronte a ciò, in modo violento, Gesù risponde: “Vattene, Satana! Sta scritto infatti: «Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto»”. Gesù non è chiamato per dominare il mondo, ma per servire il mondo, per servire gli ultimi, gli oppressi dal male e dalla sofferenza. E noi cristiani ci allontaniamo da Gesù quando cerchiamo il potere, i privilegi o il dominio sugli altri.
Contro la tentazione, la Scrittura ci offre tre modi di lottare, indicati nello stesso Vangelo di Matteo, due capitoli dopo (cfr. Mt 6,1-6.16-18): il digiuno, la preghiera e l’elemosina.
Così, di fronte alla tentazione di considerare “Signore” il nostro corpo, Gesù ci propone il digiuno. Però, come ci ricordava Giovanni Paolo II, «la rinuncia alle sensazioni, agli stimoli, ai piaceri e anche al cibo o alle bevande, non è fine a se stessa. Essa deve soltanto, per così dire, spianare la strada per contenuti più profondi, di cui “si alimenta” l’uomo interiore» (Udienza generale, 21 marzo 1979).
Di fronte alla tentazione di voler fare la propria volontà, Gesù ci propone la preghiera, nella quale chiediamo a Dio, nostro Padre: cosa vuoi da me? Cosa ti aspetti da me? Quale è il tuo progetto per la mia vita?
E di fronte alla tentazione dell’avere, Gesù ci propone l’elemosina. Non accumulare, ma condividere. Tuttavia l’elemosina non può essere fine a se stessa, un atto puntuale che tranquillizzi la mia coscienza, un dare soltanto qualcosa di mio, ma piuttosto me stesso, così come Benedetto XVI ci invita a fare nell’Enciclica Deus caritas est (cfr. n. 34).
Nella Quaresima siamo invitati ad avere “fisso lo sguardo su Gesù” (Eb 12,2) e a mettere la nostra lotta nella sua, sapendo che “per essere stato tentato in prima persona egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova” (Eb 2,18). Così, in Lui troviamo anche l’esempio e la forza che ci spingono a vincere la tentazione di allontanarci dal suo cammino.
“La Quaresima è un’occasione per “ridiventare” cristiani, mediante un costante processo di cambiamento interiore e di avanzamento nella conoscenza e nell’amore di Cristo. La conversione non è mai una volta per sempre, ma è un processo, un cammino interiore di tutta la nostra vita. Questo itinerario di conversione evangelica non può certo limitarsi ad un periodo particolare dell’anno: è un cammino di ogni giorno, che deve abbracciare l’intero arco dell’esistenza, ogni giorno della nostra vita” (Benedetto XVI, Udienza generale, 21 febbraio 2007).
La lotta spirituale contro il demonio è volta a conseguire la libertà dei figli a cui ci chiama il Vangelo (cfr. Gv 8,34-36), e affrontiamo tale combattimento nella convinzione che è Gesù Cristo stesso a lottare nella nostra lotta, a lottare in noi, come ha capito Sant’Agostino: «Gesù Cristo fu tentato dal diavolo nel deserto, ma in Cristo eri tentato tu: in lui fosti tu ad essere tentato, in lui tu riporti la vittoria».
Non desidero concludere senza fare riferimento al motivo che mi ha portato qui a Milano, in qualità di Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Alla Fiera si celebra in questi giorni la Borsa Internazionale del Turismo, in seno alla quale anche la Chiesa vuole essere presente, caratterizzando la sua testimonianza sul tema della relativa Giornata Mondiale: Il turismo, celebrazione della diversità. La diversità è un fatto, una realtà, ma, come ci ricorda Papa Benedetto XVI, è pure un dato positivo, un bene, e non una minaccia o un pericolo, al punto tale da volere egli che “le persone accettino non soltanto l'esistenza della cultura dell'altro, ma desiderino anche riceverne un arricchimento” . A questo riguardo, e memore dei recenti eventi accaduti, permettetemi di dire che le migrazioni sono un fatto positivo, sempre che avvengano nel rispetto dei diritti della persona che è costretta a emigrare, che si realizzino con una giusta regolazione dei flussi migratori e che si effettuino nell’osservanza delle leggi e della cultura del paese che accoglie, evitando posizioni estreme. Tutti dobbiamo quindi impegnarci per trasformare la discriminazione, la xenofobia, la violenza e l’intolleranza in comprensione e mutua accettazione, percorrendo le strade del rispetto, dell’educazione e del dialogo aperto, costruttivo e vincolante.
In questo sforzo la Chiesa ha un ruolo importante, partendo da quella profonda convinzione di Paolo VI nell’enciclica Ecclesiam suam che “la Chiesa deve entrare in dialogo con il mondo in cui essa vive” (n. 67). Il turismo, ponendo a contatto con la diversità naturale, sociale, culturale, patrimoniale e religiosa, è anche un invito a non chiudersi nella propria cultura, ma ad aprirsi e confrontarsi con altri modi di pensare e vivere, diventando così un’occasione di dialogo e di accoglienza reciproca. Non deve sorprendere pertanto che settori estremisti e gruppi terroristici di indole fondamentalista indichino nel turismo un pericolo e un obiettivo da distruggere. Esso, infatti, favorendo la mutua conoscenza, può diventare un prezioso servizio alla pace, aiutando a costruire una società più giusta, solidale e fraterna. Tutto ciò naturalmente esige uno sforzo, tanto da parte del visitatore che dell’autoctono che accoglie, di assumere atteggiamenti di rispetto e fiducia in modo che, incontrando gli altri nella loro diversità, possano aprirsi al dialogo e alla comprensione. Appare dunque evidente la necessità di una pedagogia dell’incontro, della quale devono farsi promotori principali tutti quelli che lavorano nell’ambito turistico.
Dio affida alla Chiesa il compito di forgiare in Cristo Gesù, grazie allo Spirito, una nuova creazione, ricapitolando in Lui (cfr. Ef 1,9-10) tutto il tesoro della diversità umana che il peccato ha trasformato in divisione e conflitti, affinché contribuisca “alla fondazione, nello Spirito della Pentecoste, di una nuova società nella quale le diverse lingue e culture non costituiranno più confini insuperabili, come dopo Babele, ma in cui, proprio in tale diversità, è possibile realizzare un nuovo modo di comunicazione e di comunione” .
Concludo la mia omelia con parole del Messaggio che Papa Benedetto XVI ha scritto per la Quaresima di quest’anno: “Convertirsi a Cristo, credere al Vangelo, significa in fondo proprio questo: uscire dall’illusione dell’autosufficienza per scoprire e accettare la propria indigenza - indigenza degli altri e di Dio, esigenza del suo perdono e della sua amicizia”.
Ringrazio il Servizio per la Pastorale del turismo dell’Arcidiocesi di Milano, nella persona del suo Direttore Don Massimo Pavanello, per il lavoro che svolge per portare la materna sollecitudine della Chiesa in questo ambito e in particolare all’interno della Borsa Internazionale del Turismo.

Commenti

Post popolari in questo blog

La "Madonna che scioglie i nodi" c'è pure a Lainate!

L’acqua calda è già stata trovata. Lo so. Ma sentirselo ricordare è sempre salutare. In questo blog, ad esempio, avevo associato recentemente la figura di papa Francesco col quadro della Madonna che scioglie i nodi. Un’opera fino ad allora a me sconosciuta e che subito mi ha preso. Ciò che non sapevo ancora però è che la devozione a questa immagine esiste pure da tempo nella nostra diocesi ambrosiana. Me lo ha segnalato la sig.ra Emilia Flocchini, della Comunità Pastorale Maria Madre della Chiesa e San Barnaba in Gratosoglio a Milano. Dopo aver letto il mio post mi ha scritto a completamento: “L'elemento interessante sta nel

Donne nude di una tribù trattate come animali da circo. E' polemica

Siamo nelle Isole Andaman, in India. Un video (pubblicato dal sito dell'Observer) mostra delle donne di una tribù primitiva protetta che danzano per i turisti in cambio di cibo (oppure dopo bicchieri di vino versati da un poliziotto per il quale avevano dato spettacolo). Il video ha provocato la collera dei movimenti umanitari e ha determinato l'apertura di un'inchiesta. Secondo la legge indiana varata per proteggere i gruppi tribali dalle contaminazioni esterne, dai pericoli e dalle malattie, è proibito fotografarle, riprenderle ed entrare in contatto con loro. Il ministro indiano degli Affari Tribali, V. Kishore Chandra Deo. ha assicurato che prenderà delle

Buon Natale, nucleo famigliare!

La Natività  (olio su tela, 50×40 cm) di Julio Padrino.  Dipinto realizzato in occasione della 45a rappresentazione del presepe vivente di Cerqueto (2011).   È una scena intima, realistica, questa di Padrino. Quasi una fotografia. Le figure sono proporzionate e non interscambiabili. Il padre non fa capolino dalla cornice, ma partecipa a pieno titolo nel quadro. Il mood non è sdolcinato: c'è qualcosa che impensierisce, ma l'incoraggiamento reciproco prevale. Credo che qualche versetto di Matteo possa fungere da buona didascalia, o almeno io così li leggo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie; perché ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo. Giuseppe fece come l'angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé sua moglie. (Matteo 1,20; 24) A conclusione del Sinodo straordinario sulla famiglia ed in preparazione a quello ordinario, il Natale di quest'anno ci chiede di