Gli
atei sono fermi all'8 per cento ma il 70 va in chiesa solo per
matrimoni e funerali. Un'analisi sui dati che emergono dalla ricerca
condotta da Massimo Introvigne, fondatore del Cesnur e Pierluigi
Zoccatelli.
Gli
atei veri e propri, in Italia, non arrivano all’8 per cento. E più
del 70 della popolazione frequenta la messa soltanto in occasione di
matrimoni e funerali e può essere quindi qualificata come «lontana»
dalla Chiesa.
È
la via italiana alla secolarizzazione quella che emerge da una
ricerca curata dal
sociologo Massimo Introvigne, fondatore del
Cesnur, insieme a Pierluigi Zoccatelli, intitolata «Gentili senza
cortile. “Atei forti” e “atei deboli” nella Sicilia
centrale».
Si
tratta della quarta ricerca sull’indifferenza religiosa che il
gruppo di lavoro ha prodotto monitorando con sondaggi e analisi
un’area della Sicilia corrispondente alla diocesi di Piazza
Armerina e comprendente città e paesi delle province di Enna e
Caltanissetta. Un territorio variegato di duemila chilometri
quadrati, dove si trovano centri industriali e aree rurali, e che i
parametri confermano essere rappresentativo della realtà
italiana.
Il
dato più significativo della ricerca riguarda la mancata crescita,
negli ultimi vent’anni, degli atei: sono fermi al 7,4 per cento. Di
questi, solo il 2,4 per cento possono essere definiti «atei forti»,
cioè in grado di motivare il loro ateismo con ragioni ideologiche:
sono più presenti «tra le persone più anziane e meno istruite,
dove sorprendentemente è ancora forte anche un ricordo dell’ateismo
comunista».
Il
rimanente 5 per cento, gli «atei deboli», sono meno ideologici ma
considerano comunque Dio e la religione come irrilevanti in un mondo
dove contano il lavoro, il denaro e le relazioni affettive: sono più
numerosi fra i più giovani, in quella che
don Armando Matteo ha chiamato «la prima generazione incredula», e
fra le persone più colte. Se si proietta il numero degli atei sul
totale della popolazione italiana, si può affermare che si tratta di
circa tre milioni di persone. Il loro numero però rimane pressoché
costante dal 1990 a oggi.
Oltre
agli atei «forti» e «deboli», esistono «i lontani dalle forme
istituzionali della religione», che non si proclamano atei, ma si
dichiarano credenti o anche cattolici. Sono il 63,4 per cento e si
tratta di persone che professano un cattolicesimo meramente
culturale, dato per scontato senza porsi ulteriori interrogativi sui
contenuti della fede e senza preoccuparsi dell’incoerenza sul piano
della pratica.
Questi
«lontani»riuniscono le persone che si dichiarano «spirituali ma
non religiose», con posizioni influenzate anche da mode culturali
come quella del New Age o di filosofie orientali; e quanti «credono,
ma non partecipano attivamente alla vita religiosa». Se sommati agli
atei veri e propri, arrivano al 70,8 per cento. Esiste dunque una
solida maggioranza di italiani che o professano l’ateismo, o sono
indifferenti alla religione, o professano una fede fai-da-te mettendo
insieme diverse credenze.
Nella
ricerca si è cercato di indagare anche sulle cause che hanno fatto a
poco a poco allontanare così tanti italiani dalla religione e in
particolare dalla Chiesa cattolica. Dai risultati emerge che le
ragioni ideologiche, come ad esempio l’idea che la scienza renda
superata la religione, sono assolutamente minoritarie. Mentre ai
primi posti nelle risposte c’è la sensazione che la religione
abbia poco da dire sui problemi concreti della vita di ogni giorno.
Come pure è presente il rifiuto
degli insegnamenti morali delle confessioni religiose. Mentre appare
particolarmente significativa la crescita di un’ostilità verso il
cattolicesimo motivata dagli scandali della pedofilia dei preti e
dalle ricorrenti polemiche sulle ricchezze e sui privilegi fiscali
della Chiesa.
La
ricerca ripropone anche un dato che mostra la discrepanza tra le
dichiarazioni rese durante le interviste telefoniche circa la
partecipazione alla messa domenicale e la partecipazione effettiva,
che i ricercatori hanno potuto sondare
monitorando tutte le celebrazioni nell’area interessata in un
determinato giorno. A fronte di un 30,1 per cento di dichiarazioni,
si è riscontrata una presenza reale nelle chiese del 18,5 per cento.
ANDREA
TORNIELLI
Vaticaninsider.it
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