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A Dublino il 50° Congresso eucaristico internazionale


È stata una bella celebrazione”, grazie alla partecipazione, alla “gioia” dei presenti e al silenzio, ma è anche stata “l’immagine di cos’è un Congresso eucaristico internazionale (Iec), una Chiesa locale che invita altre Chiese del mondo a celebrare l’Eucaristia, che è il cuore della nostra fede”. Così mons. Piero Marini, presidente del Pontificio Consiglio per i Congressi eucaristici, che il Sir ha incontrato al termine della
cerimonia di apertura del 50° Congresso eucaristico internazionale, sul tema “La Comunione con Cristo e tra di noi”, che ha preso il via domenica a Dublino e che si concluderà il 17 giugno (www.iec2012.ie).

Forte presenza dei laici. Sono 12.500 le persone presenti all’Arena della Royal Dublin Society (Rds), la grande struttura in cui si svolgeranno i vari eventi, provenienti dagli oltre 120 Paesi che si sono iscritti al Congresso. Hanno sfilato con le loro bandiere e le vesti colorate delle loro terre; con altrettanto entusiasmo hanno sfilato le parrocchie e i gruppi delle quattro province ecclesiastiche dell’Irlanda: Armagh, Cashel, Dublino e Tuam. Molto forte l’aspetto musicale, con canti in latino o in altre lingue che hanno favorito la partecipazione e che sono stati proposti da quattro cori e da tre tenori irlandesi. Mons. Marini ha notato che uno degli elementi più positivi di questo Congresso è che viene “fatto nell’umiltà, se così possiamo dire; è vicino alla quotidianità della vita della Chiesa, nel senso che non ci sono quelle grandi manifestazioni che erano tipiche dei Congressi del secolo passato e di fine Ottocento. È un Congresso ecclesiale, non trionfalistico”, che ha assunto il carattere di “un’assemblea” dove ci sono molti “laici che con il Concilio hanno imparato a partecipare alla Messa, a fare una distinzione tra le cose essenziali e le cose superflue. La loro è una partecipazione di fede”. Altro elemento positivo, “che viene dal Concilio Vaticano II – ha sottolineato mons. Marini – è il tema del Congresso ‘La comunione con Cristo e tra di noi’: è la cosa essenziale su cui costruire la Chiesa del futuro”.

Un’opportunità per la Chiesa in Irlanda. Durante l’omelia il legato pontificio, il card. Marc Ouellet, che presiedeva la Messa, ha sottolineato che la celebrazione del Congresso in Irlanda è un “segno della Provvidenza di Dio”, perché il Paese “è conosciuto per la sua naturale bellezza, per la sua ospitalità e ricca cultura, ma soprattutto per sua lunga storia di fedeltà alla fede cattolica”, che attraverso l’opera dei suoi missionari “ha aiutato a portare il Vangelo fino alle rive più lontane”. Il cardinale ha ricordato che “ora la Chiesa irlandese sta soffrendo e affrontando nuove e serie sfide alla fede” ma consapevoli di questo “ci rivolgiamo insieme a Nostro Signore, che rinnovi, guarisca e rafforzi la fede del suo popolo. Dalla mia esperienza personale, durante l’ultimo Congresso eucaristico di Quebec City, so che un evento come questo porta molte grazie alla Chiesa locale e a tutti i partecipanti, compresi quelli che lo sostengono con la preghiera, il volontariato e la solidarietà”.

La strada del rinnovamento. Intervenendo alla cerimonia, mons. Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino e presidente del Congresso, ha rivolto un pensiero ai giovani irlandesi, perché durante l’evento “vengano condotti a conoscere la felicità e la realizzazione, la gioia e la speranza, la chiamata per l'amore e l'impegno che viene da un incontro con Gesù Cristo”. L’arcivescovo ha aggiunto che “la Chiesa in Irlanda è sulla strada del rinnovamento”, anche se “non dipende da noi ridisegnarla, ma è un dono che riceviamo dal Signore attraverso la guida dello Spirito Santo e l'esempio di Maria e dei Santi”. Nella conferenza stampa di ieri mattina, a proposito del tema degli abusi, ha rivelato che alcune delle vittime partecipano individualmente al Congresso, “ma non ci sarà una rappresentanza ufficiale anche per rispetto della loro privacy”. Comunque sia, durante la cerimonia di apertura è stata scoperta e collocata all’ingresso della Rds la “Healing stone”, letteralmente “pietra di guarigione”, per tener viva la memoria delle vittime degli abusi sessuali. Nella pietra, che è in granito, è incisa una preghiera composta da una persona che ha subito abusi. A tal proposito, padre Kevin Doran, segretario generale dell’evento, ha spiegato che, “quando si usa l’espressione ‘scavata nella pietra’, si parla di qualcosa che è qui per restare e non di un pensiero che passa. La pietra rappresenta la ferma determinazione a lavorare per la guarigione e il rinnovamento”.

a cura di Simona Mengascini e Angelo Bottone, inviati Sir a Dublino

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