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Le parole non bastano più. Dopo l'attacco alla chiesa di Baghdad

“Le parole di dolore e di condanna non sono più sufficienti di fronte all'orrore che si sta verificando ripetutamente in questi ultimi anni in Iraq, specialmente contro i cristiani, e che ha raggiunto l’apice della follia con il selvaggio massacro di domenica 31 ottobre nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora della Salvezza di Baghdad”. Lo scrivono gli Ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts) condannando l’attacco di terroristi di Al Qaeda, il primo in assoluto del genere, che ha provocato 58 morti e 67 feriti tra fedeli, terroristi e soldati iracheni intervenuti per liberare gli ostaggi. Tra le vittime
anche 10 donne e 8 bambini. Una violenza cieca che ha suscitato una vasta eco a livello internazionale, anche se, mai come questa volta, le parole sembrano non bastare più per alleviare il dramma dei cristiani iracheni, sempre più bersaglio facile e “legittimo” degli estremisti. È giunto il tempo di prendere decisioni concrete.
Inchiniamoci ai martiri. “Ci inchiniamo davanti ai corpi dei martiri eroici, ai feriti, alle loro famiglie – scrivono i presuli dell’Aocts – facciamo appello alla coscienza di tutti e di coloro che hanno l’autorità, innanzitutto il Governo iracheno, affinché vigilino e proteggano tutti i cittadini, specialmente coloro i quali non hanno protezione, non possiedono armi e milizie, la cui unica colpa è quella di continuare a professare la fede dei loro padri e dei loro avi nella terra d’origine”. “Questa terra – rimarca l’Aocts – è la loro terra da sempre, per la quale si sono sacrificati contribuendo al suo sviluppo e difendendola. È giunto il momento, per chi ha la responsabilità politica, di resistere a coloro che hanno perso ogni senso di umanità, di frenare la loro sete insaziabile di sangue e di punire chiunque pianifichi o compia tali atti criminali”. Gli ordinari cattolici chiedono alla Lega Araba, all'Organizzazione della Conferenza Islamica, alle Nazioni Unite e al Consiglio di Sicurezza, “prima che sia troppo tardi, di tenere presente il pericolo che giunge da coloro che sfruttano la religione per provocare scontri tra civiltà e tra nazioni”. Per dare un concreto segno di vicinanza gli Ordinari cattolici hanno promosso per oggi, domani e domenica tre giorni di solidarietà e di preghiera “per i martiri iracheni” da svolgersi in tutte le parrocchie, monasteri e conventi della Terra Santa. “La nostra missione, come è stato detto anche nel Sinodo per il Medio Oriente, è vivere la comunione e la testimonianza, lavorare insieme, cristiani e musulmani, per risvegliare i nostri Paesi e i nostri popoli, investendo sulla pace, la stabilità e la fiducia reciproca”. Condanna dell’attentato è giunta anche dai vescovi maroniti del Libano che hanno parlato di “atto insensato e criminale e di intimidazione” ed esortato le autorità irachene a “fornire sicurezza e protezione efficaci alle persone più vulnerabili di tutte le Confessioni”.
L’incontro col premier iracheno. Richieste ribadite al premier iracheno uscente Nuri al-Maliki, il 4 novembre, da una delegazione cattolica composta, tra gli altri, dal card. Emmanuel III Delly, patriarca caldeo, dall’arcivescovo siro-cattolico Mati Shaba Mattoka e dal vicario patriarcale caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, che al SIR ha riferito della riunione: “Abbiamo incontrato il premier iracheno al quale abbiamo esposto chiaramente i nostri problemi anche alla luce del massacro nella chiesa siro-cattolica di domenica scorsa. Il premier ci ha ribadito che si farà il possibile per dare sicurezza alla comunità cristiana e ci ha anche detto che forse dopodomani (sabato, ndr.) visiterà la chiesa colpita dai terroristi. È tempo di vedere fatti concreti, le parole non bastano più”.
Pericoloso vuoto di potere. Posizione attendista e prudente anche quella dell’arcivescovo Avak Asadourian, primate della Chiesa armena ortodossa in Iraq e segretario generale del “Consiglio dei Leader delle Chiese cristiane dell’Iraq”, che riunisce i capi di 14 Chiese cristiane del Paese: “Come cristiani dell’Iraq dovremo essere molto attenti e prudenti nei prossimi mesi, per vedere se la violenza verso i cristiani finirà e come i problemi della nostra sicurezza e del terrorismo saranno affrontati e risolti. Attualmente il Paese non ha un governo e questa è una delle ragioni per cui subiamo questi attacchi: il vuoto politico genera mancanza di sicurezza, il terrorismo approfitta di questa situazione”. Per Asadourian, “è necessario che i cristiani iracheni si muovano uniti per vivere con fede e speranza in questi tempi molto tristi e difficili. Noi cristiani siamo antichi abitanti di questa terra: non solo in Iraq ma in tutto il Medio Oriente. Abbiamo sempre vissuto all’insegna della coesistenza e della fratellanza con le altre comunità religiose. Abbiamo contribuito a plasmare e a fecondare questa terra seminando pace, amore, giustizia. E vogliamo continuare a farlo anche nel futuro”. Agensir

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