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La Natività di Lorenzo Lotto al Museo Diocesano


Fu il “genio inquieto” del Rinascimento. Poche vicende umane e artistiche hanno il fascino di quella di Lorenzo Lotto, straordinario interprete della pittura del Cinquecento, acuto testimone di un’epoca di cui ha saputo svelare la dimensione interiore e le contraddizioni. Ma nonostante il suo tormentato itinerario umano – o forse proprio per questo -, Lotto è innanzitutto un pittore di grande originalità e di eccezionale statura artistica. Come, d’altra parte, dimostra ancora una volta il mirabile dipinto in mostra in questi giorni al Museo Diocesano, nell’ambito della manifestazione Un capolavoro per Milano: una Natività, proveniente dalla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia.
L'umanità adora il Messia
Il recente restauro ne ha messo in evidenza tutta la smagliante bellezza. Il soggetto è “classico” (la visita dei
pastori), ma la sua realizzazione non è affatto di “maniera”. Sei personaggi si stringono, adoranti, attorno alla mangiatoia dove giace il Bambin Gesù, vero punto focale della composizione. Maria contempla suo figlio con dolcezza di madre, ma anche con profonda venerazione, in ginocchio, il capo chino, le mani giunte in preghiera. Alle sue spalle, un po’ in disparte ma non isolato, si sporge Giuseppe, appoggiato a un bastone, a cui Lotto dà le sembianze di un uomo maturo, solido, ma ancora giovane: non è cosa unica nella pittura dell’epoca, ma certo neppure frequente, poichè di solito si preferiva sottolineare la presunta età avanzata del padre putativo...
Sulla destra ecco invece due pastori, i volti fissi, commossi sul Bambinello. Sono accompagnati da due angeli, quegli stessi che li hanno chiamati annunciando loro la buona novella e che li hanno guidati fino alla stalla di Betlemme. L’atteggiamento di “protezione” da parte di queste figure alate nei confronti dei due pastori (che in questo momento rappresentano l’umanità intera) è fortemente sottolineato: si noti, infatti, come le mani degli angeli siano appoggiate sulle spalle e sulle braccia dei due uomini, quasi a sospingerli verso la mangiatoia e al tempo stesso a rassicurarli. Si ha come l’impressione che questi siano davvero degli angeli custodi... E proprio uno di questi due angeli, mentre tutti gli sguardi sono rivolti al centro, al Dio che si è fatto uomo per amore, alza i suoi occhi verso di noi, spettatori “fuori” dal quadro, come per invitarci a unirci a questo sublime momento d’adorazione.
Un raffinato "presepe vivente"
Tre coppie, quindi: Giuseppe e Maria, i due pastori, i due angeli. Ma ce n’è una quarta: ed è composta da Gesù Bambino che, con gesto tenerissimo, accarezza il muso dell’agnello che gli viene offerto dai pastori. Non si tratta di un semplice dono, ma riveste un significato simbolico importante. Quell’agnello, infatti, ricorda e prefigura già il sacrificio pasquale, incarnando visivamente le parole pronunciate da Giovanni Battista indicando il Messia: «Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo». E, a ben vedere, in questa camposizione c’è perfino una quinta coppia, che, seppur defilata, e un po’ in ombra, non sorprende affatto: quell del bue e dell’asinello, come del resto la tradizione vuole...
Nulla si sa sulla committenza di quest’opera. Il restauro, con la scoperta della firma e della data, ha confermato ciò che avevano già intuito gli esperti: e cioè che, per lo stile, influenzato dal gusto veneziano e vicino ai modi del Savoldo, il dipinto potesse essere stato realizzato attorno al 1530, e vada quindi attribuito alla maturità dell’artista e al suo secondo soggiorno in Laguna. Le dimensioni (circa un metro e mezzo di altezza, poco più per la base), e soprattutto alcuni dettagli, fanno inoltre pensare a una destinazione privata, più che a una collocazione in una chiesa. I volti dei pastori, infatti, sembrano dei veri e propri ritratti, e le loro vesti, sotto le rustiche casacche, paiono raffinate e signorili: come se, insomma, ci trovassimo di fronte a una sorta di sacra rappresentazione, di “presepe vivente” in cui i due pastori potrebbe essere proprio i committenti del dipinto (forse fratelli, vista l’evidente somiglianza dei due).
In ogni caso, si tratta di un vero e proprio capolavoro. Lo svela l’insieme e ogni dettaglio. Come quel cielo che l’alba colora di toni struggenti, annuncio non solo di un nuovo giorno, ma di una nuova epoca, di una nuova alleanza per l’umanità intera.
Fino al 17 gennaio 2010
La Natività di Lorenzo Lotto potrà essere ammirata fino al 17 gennaio 2010 presso il Museo Diocesano di Milano (Corso di Porta Ticinese, 95), da martedì a domenica, dalle ore 10 alle 18. Si tratta della settima edizione dell’iniziativa Un capolavoro per Milano, promossa con Bipiemme Gestioni, che negli anni scorsi ha portato nei Chiostri di Sant’Eustorgio opere di Caravaggio, Botticelli, Antonello da Messina, Mantegna. Ingresso al Museo 8 euro (6 per gruppi, 2 scolaresche): martedì ingresso a 4 euro. Per informazioni, tel. 02.89420019; http://www.museodiocesano.it/
 
Luca FRIGERIO

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