Quest'anno la Rai, radio
televisione italiana, celebra un anniversario importante: il
sessantesimo della inaugurazione ufficiale delle
trasmissioni. Era il 3 gennaio 1954.
Molti ne hanno parlato e
scritto offrendo i contributi più svariati: dalla aneddotica alla
ricerca universitaria.
Non tutti sanno però che
proprio agli albori della Tv è legata pure la prassi della
trasmissione della S. Messa. Nel caso italiano essa iniziò a Milano.
La diatriba riguardava la
specificità del sacramento - difficilmente piegabile a contesti che
in un modo o nell'altro lo “alterano” - non certo lo strumento
mediatico quando usato per l'annuncio evangelico.
Vi furono da subito
pronunciamenti ufficiali da parte dei pontefici; vivace in
particolare fu la riflessione organica attorno al decennio del
Concilio Vaticano II, poi rinverdita negli anni '90. Ma, come spesso
accade in molti campi, la prassi ha preceduto la giustificazione
teorica.
La S. Messa alla
televisione
Anche con l'invenzione
della televisione, così come fu con la radio, la messa trovò di
fatto un suo spazio. Le prime due messe alla tv furono celebrate
nello stesso giorno e alla stessa ora: il 25 dicembre 1948. La
televisione francese trasmetteva l'eucaristia celebrata nella
cattedrale di Nôtre-Dame dal card. Suhard, mentre in America si
mandava in onda dalla cattedrale di San Patrizio quella celebrata dal
card. Spellman (il primato però spetta a Parigi per via del fuso
orario).
Rapidamente la prassi
della trasmissione regolare della messa prese piede: in Francia, in
America, a Cuba, in Olanda. Si tratta quindi di una delle
trasmissioni più antiche della televisione.
In Italia nel 1953 la
televisione era ancora in fase sperimentale e serviva solo il Nord.
Tuttavia, già in settembre, si trasmisero due funzioni religiose da
Torino in occasione del Congresso eucaristico nazionale.
La prima messa alla
televisione però fu quella celebrata nel Duomo di Milano dal card.
Schuster il 1° novembre 1953. Da allora la trasmissione fu
regolarmente continuata.
In realtà il capoluogo
lombardo vanta anche un precedente che - a causa della fase di
sperimentazione tecnica del mezzo - non può segnare tuttavia la data
ufficiale di inizio delle trasmissioni. Resta comunque vero però che
la televisione italiana trasmise la sua prima messa nel 1952, il
giorno di Natale, dalla chiesetta di San Gottardo in Corte a Milano.
Per tornare al 1954,
segnaliamo come in quella data si realizzò pure la prima messa in
eurovisione, che Pio XII avrebbe dovuto celebrare da San Pietro, se
la salute glielo avesse permesso. Questo non fu possibile e quindi
l’eucaristia si celebrò a Parigi, sotto la presidenza del card.
Feltin.
Un'ultima tappa
significativa fu segnata nel 1967 quando da Mariazel si trasmise la
messa via satellite oltre che in Europa anche in America. Per
quell'occasione i telespettatori furono 180 milioni.
Questioni ancora
aperte
Le brevi righe di questo
articolo, di taglio cronachistico, non permettono digressioni. Ma una
chiosa finale dobbiamo concedercela, almeno come augurio.
Quello della trasmissione
delle celebrazioni liturgiche è un argomento che ciclicamente torna
nella riflessione teologica, anche se meno diffusamente che in
passato. In effetti, si è abituati a pensare che la trasmissione
televisiva del culto cattolico sia un dato di fatto ormai scontato.
Con il modificarsi dei
media - la comparsa delle tv commerciali nazionali e locali, ma
soprattutto la pervasività del web - riteniamo invece sia necessario
tornare sull'argomento. In alcuni casi, infatti, la scelta di
trasmettere le celebrazioni liturgiche, di là dalle intenzioni,
sembra retta più da logiche di marketing territoriale che da ragioni
legate alla nuova evangelizzazione.
Un rinnovato approccio
sistematico porterebbe ad utilizzare al meglio le possibilità che
sono offerte dalla comunicazione contemporanea senza trascurare la
riflessione teologico pastorale.
Al riguardo, alcune
domande sono ineludibili: i motivi che avevano giustificato la messa
alla tv in passato sono ancora validi? E sono identici anche per i
New media? Il pubblico cui si diceva di rivolgersi (gli ammalati) è
ancora la maggioranza? Se non lo è, come alcune ricerche
evidenziano, quale rapporto tra media e comunità parrocchiale può
essere ripensato?
Il sessantesimo
anniversario della Rai potrebbe essere una felice occasione da
cogliere anche su questo versante.
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