Questa
mattina alle ore 10 (in replica alle 17.40) sono intervenuto a Radio
Marconi commentando l'odierna ricorrenza del Giorno della Memoria. Queste le mie risposte alle domande dell'intervistatore.
Questa data
è stata scelta perché come oggi - il 27 gennaio 1945 - è stato
liberato il campo di concentramento di Auschwitz, da parte delle
truppe sovietiche.
È una
ricorrenza simbolo, da non trascurare, non solo perché fa
memoria
storica di milioni di persone ammazzate con scientificità - che già
avrebbe in grande valore - ma perché serve - a mio giudizio - da
antidoto per il male che è sempre alla porta della coscienza
personale e collettiva.
Serve a
ricordare che il male assoluto nasce da mali relativi, per così
dire. E fa pure figli.
Anche se non
c'è causa ed effetto ricordo che la Shoah arriva dopo il genocidio
dei circassi, avvenuto nella seconda metà del 1800, a Sochi dove si
svolgeranno le prossime olimpiadi invernali. E dopo l'eliminazione
degli armeni, negli anni 1915-1916.
La stessa
cultura di morte, su basi etniche (Tutsi e Hutu), successivamente ha
afflitto nel 1994 il Ruanda. In sei mesi vennero massacrate
sistematicamente un milione di persone.
Tutto questo
solo per dire che quando si classificano certe violenze nel mondo
come “episodi regionali” forse si pecca di ingenuità e non si
guarda alla storia.
L'olocausto
causò circa 15 milioni di morti in pochi anni. 6 milioni furono
ebrei. Gli altri furono prigionieri di guerra, oppositori politici,
gruppi etnici (Rom, Sinti, Jenisch), gruppi religiosi (testimoni di
Geova e pentecostali), omosessuali, malati di mente e portatori di
handicap. Questo dice una volta di più come il male è pervasivo e
non è mai chirurgico.
Ma nella
pagina tetra dell'Olocausto, è doveroso pure citare, i tanti esempi
positivi che non sono mancati. Nella storia certamente si può
ripetere il male, ma anche il bene.
Mi riferisco
a quei non-ebrei che hanno agito in modo eroico per salvare la vita
di chi era perseguitato. Oggi sono conosciuti come Giusti tra le
nazioni.
In questo
gruppo c'è gente di ogni provenienza culturale e religiosa. Ci sono
pure musulmani che hanno salvato ebrei. In Italia sono circa 500
quelli riconosciuti col titolo di giusti.
Vorrei
portare un ricordo personale. La prima volta che sono andato ad
Auschwitz è stato durante la giornata mondiale della gioventù del
1991 tenutasi a Częstochowa.
Associo quel
ricordo acre - uso questo aggettivo perché là l'odore di quanto
accaduto è ancora pungente - ad una turba di giovani che mi
circondava. La vita si era ripresa la morte. Non c'è retorica, basta
andare e vede. Ancora oggi quel luogo è pieno di giovani.
La seconda
volta che sono stato in visita ai campi di concentramento è stato a
Mauthausen, nei sotto-campi di Gusen e al castello di Hartheim.
Accompagnavo
un gruppetto di superstiti, prigionieri politici, e alcuni figli di
persone uccise e sepolte in quei campi. Ho celebrato la messa su un
forno crematorio e sono andato al cimitero interno del campo insieme
a questi famigliari. L'emozione personale è indicibile.
Ricordo però
che stranamente nessuno mi fece la domanda che mi aspettavo: perché
è successo tutto questo? Allora la feci io. E uno mi rispose: il
male è irrazionale. Se ci fosse risposta sarebbe una realtà
intelligibile, quindi riconducibile a una intelligenza superiore,
chiamala Dio o come credi. Ma il male non può venire da alcuna
intelligenza.
Come
sconfiggere i semi di morte? Rispondo descrivendo una costruzione
presente dentro lo Yad Vashem, il museo dell'olocausto di
Gerusalemme.
Lì c'è un
castello di specchi che riflette la luce di un solo lume. Entrando in
quella sala però si ha l'impressione di vedere un enorme lampadario
con tante luci.
Nessuno ha
la pretesa di essere luce. Per i credenti poi la luce è una sola.
Tutti però
abbiamo la possibilità di essere specchio. Magari anche freddo, ma
pulito.
I testimoni
diretti dell'evento tragico che ricordiamo oggi si stanno
assottigliando. Ma quelli indiretti non hanno meno possibilità di
fare del bene.
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