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"Nel ricordo di Cocò dobbiamo tornare a sperare e sognare"



Marcia della legalità nelle strade della cittadina calabrese duramente colpita dalla barbara esecuzione di tre persone. La denuncia del vescovo Nunzio Galantino: "Il buio nel quale è piombata la nostra comunità ha una causa precisa: la violenza!". La lettera della mamma del bimbo di tre anni ucciso: "Ho perso un figlio ma ho guadagnato un angelo". Presto la visita della Commissione antimafia.

“Se stiamo qui, stasera, è per dire che, come non ha senso esaltarsi fino a perdere il senso della realtà, così non è possibile lasciare che bruci, come quei corpi carbonizzati che ho visto estrarre dalle lamiere della macchina domenica mattina, (non è possibile che
bruci) la voglia di continuare a camminare, a sperare e a sognare di tanta gente perbene”. Lo ha sottolineato monsignor Nunzio Galantino, vescovo di Cassano all’Jonio e segretario generale ad interim della Cei, ieri sera (venerdì) nell’intervento che ha aperto la fiaccolata, con marcia silenziosa, voluta dalla diocesi per portare in piazza la legalità dopo la barbara esecuzione di tre persone, tra cui un bambino di tre anni, uccisi e carbonizzati nei giorni scorsi nelle campagne cassanesi. “La fiaccolata di stasera - ha aggiunto il presule - vuole dire che qui c’è gente che vuole contribuire, col proprio impegno, a ‘educare a vivere la vita buona del Vangelo’, fatta di assunzione di responsabilità e di rispetto degli altri e del creato. Siamo qui per ricordarci reciprocamente che il rumore sordo dei colpi che hanno ucciso le tre vittime e l’odore acre dei cadaveri bruciati non possono essere l’unico rumore né l’unico insopportabile odore capaci di provocare rivolte civili e indignate mobilitazioni, come stasera”.

Centinaia di persone hanno sfidato la pioggia. Nonostante la pioggia centinaia di persone hanno marciato al fianco del vescovo e di numerose autorità civili, politiche e militari, dietro un gruppo di ragazzi e uno striscione con lo slogan dell’iniziativa: “Noi siamo fuoco di speranza”. Mons. Galantino ha rivelato che nei giorni scorsi ha incontrato in carcere i genitori e le due nonne del piccolo Cocò. “Ho detto loro che stasera le avremmo sentite presenti in cammino con noi su una strada diversa: fatta di voglia di riscatto e voglia di vita nuova. Con loro e con noi, vogliamo sentire in cammino anche il loro bambino”. “Il buio nel quale è piombata la nostra comunità - ha aggiunto il vescovo - ha una causa precisa: la violenza! Un buio reso ancora più spesso e insopportabile dalla efferatezza con la quale ci si è accaniti sui corpi; e soprattutto perché tra le vittime c’era un bimbo certamente innocente! Se stiamo qui stasera è per ritrovare la voglia di rimetterci in cammino. Se stiamo qui stasera è perché abbiamo bisogno di luce in questo buio!”.

Il nostro potere. Monsignor Galantino ha citato la Sacra Scrittura richiamando “una pagina di una intensità commovente (Ezechiele 37,1-14), nella quale si parla di ossa inaridite che, animate dallo Spirito di Dio, si ricompongono e ridiventano persone vive. Né io né voi abbiamo il potere di far tornare a vivere i resti carbonizzati di Cocò né quelli delle altre vittime. Un potere però ce l’abbiamo. E stasera vogliamo esercitarlo. É il potere di non rendere la morte - soprattutto la morte procurata con violenza e in maniera efferata - (abbiamo tutti il potere) di non rendere la morte - qualsiasi morte - una sorta di macigno che non lascia scampo a nessuno. Non vogliamo cedere al fatalismo! Non siamo qui - ha proseguito il vescovo - per esprimere un generico senso di pietà! Sarebbe troppo poco. Non siamo qui per mettere per un paio d’ore tra parentesi la rabbia, il senso di impotenza e la ferma condanna di malefatte! Qualsiasi nome esse abbiano: dalle malefatte legate al mondo dello spaccio di droga, che è spaccio di morte, alle malefatte, solo apparentemente meno volgari, legate all’abuso del potere e alla mancanza di assunzione di responsabilità. La marcia di stasera vuol dire - a partire dall’odore acre di quei corpi bruciati e abbandonati - (vuole dire) che qui, a Cassano, c’è gente che non la pensa assolutamente né come chi ha ucciso - ignorando lo sguardo certamente implorante del piccolo Cocò - né come chi fa del malaffare il suo stile di vita”.

Rispondiamo con l’amore. “Ho capito che dobbiamo cambiare nel cuore, sforzandoci di non rispondere con la vendetta ma con l’amore. Ho perso un figlio ma ho guadagnato un angelo”. È uno dei passaggi della lettera scritta da Antonia Iannicelli, la mamma di Cocò Campolongo, e letta ieri sera all’inizio della fiaccolata che dopo avere attraversato il centro storico di Cassano s’è conclusa davanti alla cattedrale con un momento di preghiera. Dal canto suo, la presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi, ha dichiarato che presto si tornerà in Calabria per testimoniare solidarietà ai cittadini di Cassano.

Domenico Marino
Agensir

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