Di turismo responsabile abbiamo sentito
parlare spesso, ma il turismo responsabile di genere è una davvero
novità. Tutta italiana.
A
creare Gender
Responsible Tourism 1
(GRT), organizzazione ad hoc, è infatti stata
un'italiana, Iaia Pedemonte, giornalista esperta di turismo, che
qualche anno fa
ha avuto l'intuizione di legare questo mondo a quello
femminile. "Perché le donne si coniugano perfettamente con
tutto ciò che riguarda il turismo. Sono creative, sensibili,
costruttive. E dato che, mediamente, guadagnano meno degli uomini e,
in alcuni Paesi, soffrono importanti discriminazioni, ho pensato che
puntare sul turismo per dare loro un'opportunità di vita migliore
sarebbe stato uno strumento concreto".
L'appuntamento di Londra. Grazie a
questa iniziativa, di turismo responsabile di genere si parlerà
quest'anno per la prima volta nell'ambito
del World
Travel Market (WTM 2,
dal 5 all'8 novembre a Londra, la più grande fiera
mondiale del turismo. A parlare saranno direttamente loro, le donne
del network Gender responsible tourism, studiose dei Criteri di
genere nel turismo responsabile. "E' importante discuterne -
continua Pedemonte - perché è un tema dalle grandi potenzialità,
uno strumento per rafforzare le pari opportunità e l'occupazione, e
quindi lo sviluppo sociale".
L'unico sito. Il sito è l'unico
magazine di comunicazione su questo argomento e nasce con lo scopo di
promuovere l'occupazione femminile. Il gruppo che vi lavora è
formato dalla Pedemonte e da un pool di esperte internazionali che
studiano i Criteri da seguire per organizzare progetti efficaci che
vedano le donne come protagoniste. Il network è formato dalle
migliori realtà mondiali tra associazioni, ong, aziende, tour
operator responsabili ed esperti di sviluppo sostenibile. Un
centinaio di loro raccontano sul sito come lavorare, fare progetti,
dove viaggiare, così che altre donne e associazioni "imparino"
da chi ha già fatto passi avanti in questo senso.
Il lavoro nero delle donne. "Le
donne - spiega ancora Pedemonte - sono molto portate in ambito
turistico: basti pensare che occupano la maggioranza dei posti di
lavoro negli istituti per il turismo e che svolgono brillantemente
attività a contatto con il pubblico in alberghi e agriturismi".
Fare luce sull'importanza del loro ruolo in quest'ambito però è
tutt'altro che semplice: i dati sulle donne che lavorano nel turismo
in tutto il mondo, infatti, non sono definitivi, perché spesso
queste lavorano in nero. Gli economisti tuttavia sono d'accordo sul
fatto che, dove lavorano le donne, il contesto sociale ed economico
migliora. La conferma arriva dalle associazioni che gestiscono
progetti nei Paesi in via di sviluppo (laddove esistono, tutto il
territorio ne trae beneficio), tanto che ormai la maggior parte delle
ong possiede una sezione gender.
Proposte sempre più numerose. E sono
sempre più numerosi i "viaggi che aiutano le donne", tutti
sul sito di GRT. Tra i molti esempi virtuosi, le Domus Amigas (www.
domusamigas. it) in Sardegna, il Maasai Women Art in Tanzania,
organizzato dalla ong italiana Istituto Oikos (www.
tanzaniamaasaiwomenart. com), il progetto Città Migranda del tour
operator responsabile Viaggi Solidali (www. cittamigrande. it), la
cooperativa Tamounte in Marocco, composta da donne che lavorano
l'Argan, il Pro Rural Women Tourism in Kenia, la Carovana delle mamme
in Egitto. La speranza che anima l'intero progetto GRT è quella di
riuscire a colmare, anche grazie agli introiti provenienti dal
turismo, il divario che ancora separa gli uomini dalle donne.
L'inchiesta dell'Economist. Titolo:
"Closing the Gap". Qualche tempo fa, ha analizzato in modo
completo i dati sull'occupazione femminile, esaminando in sette
capitoli tutto ciò che c'è da sapere e proponendo soluzioni
concrete. Negli anni '70 una "rivoluzione silenziosa" ha
portato il 78% delle donne al lavoro, soprattutto nei paesi
occidentali. Dopo "l'età dell'oro", negli anni '90, oggi i
dati mondiali sul lavoro femminile sono però ancora frustranti e
questo, secondo gli economisti, perché il sistema lavorativo si basa
ancora su una struttura nata decenni fa, che non concilia lavoro e
maternità. Se poi si aggiunge il fatto che le donne sono le peggiori
nemiche di sé stesse, perché hanno paura di farsi avanti, di
chiedere un aumento e di partecipare, è facile capire quanto il
divario, invece che assottigliarsi, negli ultimi decenni si sia
ampliato.
La soluzione. Secondo gli studiosi è
quella di intervenire stabilendo leggi paritarie, congedi di
paternità e quote rosa. Puntare sul turismo responsabile di genere
rappresenta dunque, in questo senso, un interessante punto di
partenza. Nel 2007 la Unwto (Organizzazione Mondiale del Turismo) ha
aperto una sezione sul genere e, in contemporanea, la Aitr
(Associazione Italiana Turismo Responsabile) ha dato vita a un Tavolo
di Genere, inviando uno Studio di Genere alla Unwto per la giornata
del turismo e avviando una serie di iniziative mirate.
SARA FICOCELLI
la Repubblica.it
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