Un recentissimo sondaggio dell’IPSOS mostra che i cattolici italiani, nonostante il governo tecnico, hanno ancora voglia di politica e sarebbero interessati a offerte politiche coerenti con i loro valori, di cui tuttavia riscontrano la mancanza, e che oltre il quaranta per cento degli italiani – cattolici o non – segue con interesse il dibattito sulla politica all’interno dell’associazionismo cattolico.
Ma chi sono, quanti sono, dove sono i cattolici in Italia? Risponde ora adeguatamente a questa domanda una ricchissima ricerca del sociologo torinese Franco Garelli, uscita dal Mulino con il
titolo Religione all’italiana. L’anima del paese messa a nudo: un volume che verosimilmente definirà il campo della sociologia delle religioni in Italia per parecchi anni a venire.
titolo Religione all’italiana. L’anima del paese messa a nudo: un volume che verosimilmente definirà il campo della sociologia delle religioni in Italia per parecchi anni a venire.
Che cosa ha scoperto Garelli? Che l’Italia ha un sua via alla modernità, alla religione e alla secolarizzazione che non coincide esattamente con quella di alcun altro Paese occidentale. Uscendo dai dibattiti un po’ stucchevoli su se vi sia o no una secolarizzazione, e se sia vero che all’America devota si contrappone un’Europa che sta abbandonando la religione, Garelli dopo un’ampia indagine mostra, cifre alla mano, che gli italiani sono ancora cattolici ma lo sono, appunto, «all’italiana». Con riferimento a una precedente indagine che lo stesso sociologo condusse, con altri, nel 1995, Garelli mostra che sono passati quindici anni ma le cose non sono molto cambiate. L’82,7% degli italiani continua a credere in Dio, anche se il 36,8% crede «con dubbi». Il 32,5% prega almeno una volta al giorno. Il 26,5% dichiara di andare a Messa tutte le settimane – cifra che può sembrare bassa, ma che è ai vertici europei se si escludono Malta e la Polonia – e il 42,3% afferma di andarci almeno una volta al mese. Quasi l’80% degli italiani si considera cattolico. Il numero di atei e agnostici – nonostante una rumorosa promozione – non aumenta da vent’anni. Crescono i fedeli di altre religioni, ma questo avviene in gran parte a causa dell’immigrazione.
Ma che cosa «tiene» esattamente? Qui sta, specificamente, la via italiana al cattolicesimo di cui parla Garelli. Il sociologo nota come, quando parla di tenuta della Chiesa Cattolica in Italia con colleghi stranieri, viene spesso accolto con sorrisi di sufficienza. Com’è possibile, si chiedono all’estero, che gli italiani siano ancora cattolici quando l’Italia ha il triste primato mondiale della denatalità? E la stessa ricerca di Garelli dimostra come – sia pure fra molte perplessità e dubbi, anche questi tipici del nostro Paese – una metà abbondante degli italiani non si senta di escludere l’aborto e l’eutanasia sempre e comunque, anche se c’è ancora una maggioranza contraria al matrimonio e alle adozioni omosessuali.
Il testo di Garelli è un’opera di sociologia, non di pastorale o di apologetica. Tuttavia è di grande interesse per i cattolici e per i pastori. Da una parte, indica che il cattolicesimo in Italia è ancora vivo e vitale, assai più di quanto non sia in altri Paesi mediterranei di antica tradizione cattolica come la Francia o la Spagna. Gli italiani restano affezionati alle loro radici cattoliche. Ma il rapporto con queste radici è confuso. Se le radici non sono irradiate da un’adeguata catechesi, rischiano d’inaridire. È questo il senso della «nuova evangelizzazione» e ora dell’Anno della Fede proclamato da Benedetto XVI. Una base c’è, ma è fragile. O su questa base si costruisce, o la vedremo a poco a poco sgretolarsi.
Massimo Introvigne
LaBussolaQuotidiano
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