Sulle
ultime notizie dal Vaticano. Ma anche su uno sguardo che forse - alla
vigilia dell'Incontro mondiale di Milano - potrebbe aiutarci davvero
ad andare oltre.
Si
fa davvero molta fatica a scrivere qualcosa sulle notizie che
arrivano in questi giorni dal Vaticano. La tristezza prevale su
qualsiasi riflessione. E non consola un granché pensare che nella
sua storia la Chiesa di Gesù abbia superato ben altro. Il che -
ovviamente - è vero. Però bisognerebbe ricordare
che lo ha superato non per inerzia, ma solo perché ha saputo sempre rimettersi in ascolto dell'unico Maestro.
che lo ha superato non per inerzia, ma solo perché ha saputo sempre rimettersi in ascolto dell'unico Maestro.
La
domanda che penso tutti abbiamo nel cuore è: come si è potuti
arrivare fino a questo punto? Io credo che per rispondere sia
necessario partire da lontano. Non fermarsi agli ultimi episodi,
quelli più clamorosi. Sono profondamente convinto, ad esempio, che
il seme sia stato gettato ben prima dell'inizio del Pontificato di
Benedetto XVI. Penso vada ricercato nelle liste degli amici e dei
nemici che da troppo tempo circolano nella Chiesa. E' un clima che
abbiamo respirato in tanti in questi anni. Un clima fatto di detto e
non detto, di retropensieri, di persone che - anche in buona fede -
hanno pensato di farsi interpreti da sole del bene della Chiesa. Un
clima nel quale qualsiasi cosa dici, fai o scrivi viene passata ai
raggi x per capire con quale banda stai. E credo che un esame di
coscienza specifico in questo momento spetti anche a noi che
raccontiamo la Chiesa: quante volte abbiamo deciso che cosa era una
notizia e che cosa non lo era misurando la Chiesa solo con questo
metro?
Ma
queste sono mie considerazioni generali, che hanno inevitabilmente il
sapore della predica. C'è, però, un aspetto che mi colpisce in
maniera particolare nel risvolto che la cronaca dai Sacri Palazzi ha
preso in queste ultime ore: il fatto che nell'occhio del ciclone vi
sia una persona che appartiene a quella che viene chiamata "la
famiglia del Papa". Ovviamente adesso sono tutti scatenati nel
raccontare i dettagli, nel capire chi è questa persona. Ed è
inevitabile che sia così. In fondo è scattato lo stesso identico
meccanismo che colpisce una famiglia quando all'improvviso si trova
al centro di un fatto di cronaca.
So
di spararla grossa, ma a me tutto questo sembra quasi un segno. Certo
che sono notizie che addolorano, ma pensiamo anche a quanto è vicina
tutta questa situazione a quella reale di tante famiglie di oggi. In
quante famiglie capita di dividersi, di farsi sgambetti, persino di
fabbricarsi piccoli dossier gli uni contro gli altri. E noi tendiamo
sempre a giudicarle dall'esterno, a crogiolarci nell'immagine
bucolica della famiglia che "siccome è cristiana va
automaticamente tutto bene". Quanta fatica, invece, e quante
sofferenze costa stare insieme, ascoltarsi davvero, essere famiglia
nel senso di una comunità capace di tirare fuori il meglio di
ciascuno.
Ecco:
oggi sappiamo che tutto questo non è facile neppure nella famiglia
del Papa. Che anche lì - tra coloro a cui si vuole più bene - ci
può essere qualcuno che tradisce la fiducia. Mi sbaglierò, ma io da
ieri non smetto di pensare che non può essere solo una coincidenza
il fatto che questa storia venga fuori a una settimana dall'Incontro
mondiale delle famiglie, che vedrà lo stesso Benedetto XVI recarsi a
Milano nei prossimi giorni.
Per
questo mi chiedo: non potrebbe questo fatto doloroso aiutarci a fare
un salto di qualità nel modo in cui parliamo di Chiesa e famiglia?
Lo confesso: ho una gran paura rispetto a questo incontro. Lo sento
particolarmente mio perché il Papa mi arriva proprio in casa. Non è
un modo di dire: sono nato e cresciuto a Bresso, il posto dove si
terranno i momenti più importanti. Il palco da cui Benedetto XVI
parlerà si trova a metà strada tra la parrocchia in cui sono stato
battezzato (con mia moglie ci siamo sposati, mia figlia è appena
stata cresimata...) e il liceo nel quale ho studiato. Non potete
immaginare quanto vedere il Papa in mezzo a questa quotidianità
assolutamente normale della mia famiglia mi riempia di gioia. Però
quando sento tutta la retorica sul milione di persone attese mi sento
a disagio. Non perché non mi faccia piacere vedere qui tanta gente
attorno al Papa; ma non può essere questo ciò che conta.
Non
mi basta un Incontro mondiale della famiglie modello family
pride.
E non credo sia nemmeno - in primo luogo - un momento in cui il Papa
e la Chiesa dicono alle famiglie che cosa devono fare. Penso sia
piuttosto l'occasione per riscoprire che la Chiesa è una famiglia.
Per ricominciare a pensarsi così. Cari cardinali, cari monsignori
della Curia romana, cari opinion leader cattolici che nei prossimi
giorni sarete a Milano, lo capite quale grande occasione vi è donata
proprio in questo preciso momento?
Venite
a fare il vostro il discorso al convegno teologico pastorale, sì. Ma
venite soprattutto a incontrarle davvero le famiglie. Provate a
lasciarvi insegnare da loro come si fa a vivere insieme giorno dopo
giorno e a non guardarsi come nemici anche quando si vive sulla
propria pelle il conflitto. Tante volte voi avete aiutato noi
famiglie su questo; stavolta abbiate il coraggio di lasciarvi
aiutare. Imparate che, come in famiglia, anche nella Chiesa non può
esserci un noi
e un loro;
che anche il figlio che ti dice cose che feriscono va comunque
ascoltato con attenzione e soprattutto con amore; che
nell'espressione correzione fraterna l'aggettivo conta più del
sostantivo. Ascoltate dalle famiglie vere quanto è faticoso, ma
anche quanto è bello, perdonarsi sul serio, ricostruire insieme ciò
che si è rotto. Venite qui pensando che è un dono prezioso per
aiutare la Chiesa a uscire da questo momento buio la settimana che
abbiamo di fronte.
A
casa nostra - dalla nostra famiglia che perfetta proprio non è -
arriva un Papa che oggi ha uno di famiglia in carcere. E tanti
fratelli intorno che litigano. Le vogliamo bene ancora più di prima,
santità. A lei e a tutta questa sua grande famiglia.
Giorgio
Bernardelli
vinonuovo.it
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