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La Giunta dell’Andalusia «studia» l’esproprio della Cattedrale di Cordoba

La basilica è unica al mondo perché contiene al suo interno anche una moschea. 
Un gruppo laicista spagnolo ne ha chiesto la nazionalizzazione, un membro socialista della Giunta gli ha dato retta cordoba-cattedrale-esproprio. La Giunta dell’Andalusia ha commissionato ufficialmente uno studio per sapere se è nelle sue prerogative espropriare alla Chiesa cattolica la Cattedrale di Cordoba. 
Sembra uno scherzo da Rivoluzione francese ma non lo è. 
L’esecutivo che governa la comunità autonoma andalusa ha
«commissionato uno studio giuridico per sapere se è in suo potere reclamare che il bene diventi proprietà pubblica». 

PATRIMONIO DELL’UMANITÀ. 
La Cattedrale, inserita nella lista dell’Unesco come “Patrimonio dell’umanità”, è famosa perché accoglie al suo interno anche una moschea musulmana di rara bellezza. 
La basilica è stata costruita in origine nel 550 e nel 714 occupata per metà dai musulmani, che avevano conquistato la città, i quali nel 786 distrussero la basilica per costruirci sopra una moschea. 
Nel 1236 re san Ferdinando III riconquistò la città, restituì il tempio al culto cattolico donando il terreno alla Chiesa, che nel 1523 costruì una basilica rinascimentale mantenendo però al suo interno l’architettura della moschea. 

DUE PETIZIONI. 
Due settimane fa un gruppo laicista spagnolo ha lanciato una petizione su internet (che ha raggiunto 88 mila firme) per chiedere l’esproprio della Cattedrale, la sua “nazionalizzazione” e laicizzazione. 
Farebbe così la fine di Santa Sofia a Istanbul. 
La petizione non avrebbe alcun valore se Isabel Ambrosio, delegata socialista della Giunta dell’Andalusia per Cordoba, non l’avesse firmata «a titolo personale» e non avesse commissionato lo studio di fattibilità per l’esproprio. 
Per fermare l’iniziativa, in Spagna è stata lanciata due giorni fa anche una contro-petizione per chiedere al governo, «invece che pensare a rubare e a espropriare cattedrali alla Chiesa», di occuparsi dei veri problemi degli andalusi. 

Leone Grotti

Fonte : Tempi

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