Compleanno, elezione al Pontificato e inizio ministero petrino
"Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi nel suo aiuto permanente, andiamo avanti": così, appena eletto, si rivolgeva ai romani e al mondo. E così si può ben dire oggi, festeggiando un compleanno tondo, che lo proietta tra i pontefici più longevi. In queste semplici parole c’è anche forse la linea del pontificato, giunto ormai alla fine del settimo anno. Anni accelerati nella Chiesa e in un mondo, globalizzato sì, ma almeno altrettanto disorientato. A questo disorientamento, aggravato dalla crisi finanziaria e dall’incertezza, Benedetto XVI ha riproposto i fondamentali. Ha parlato in
termini particolarmente accorati all’Occidente ed alle Chiese dei Paesi occidentali, ma ha costantemente guardato anche alle più giovani ed esuberanti chiese e ai popoli dell’Africa, dell’America centrale e meridionale ed anche dell’Asia.Il 19 aprile 2005 si era definito "un umile lavoratore nella vigna del Signore". In realtà era ben consapevole del tanto lavoro e già allora lo aveva indirizzato secondo le tre linee che risalteranno anche quest’anno. La prima è quella del Concilio, allora il quarantesimo dalla conclusione, oggi il cinquantesimo dall’inizio. Sono tanti anni, lo spazio di due generazioni. Ed è giusto da un lato vedere l’evento nella sua corretta prospettiva storica, dall’altro raccoglierne e proiettarne in avanti le linee. La forza propulsiva del Vaticano II, come Benedetto XVI ha spiegato in tante circostanze, è proprio il dinamismo dell’evangelizzazione in un mondo "moderno" e, oggi, più confusamente, "post"-moderno.
Ecco quindi il significato dell’impegno per la "nuova evangelizzazione", che Benedetto rilancia e su cui si gioca appunto la continuità tra i pontificati del dopo-Concilio. Di essa infatti Paolo VI ha dato, nell’Evangeli Nuntiandi, la linea e Giovanni Paolo per essa ha testimoniato "una Chiesa più coraggiosa, più libera, più giovane". Ci sono qui anche i temi della presenza nel mondo, della "sana" laicità, del dialogo inter-culturale su cui Benedetto XVI, in dialogo aperto con la cultura, ha sviluppato un importante magistero.
Poche settimane fa, aveva chiesto ai cardinali di pregare "affinché possa sempre offrire al popolo di Dio la testimonianza della dottrina sicura e reggere con mite fermezza il timone della Santa Chiesa". Ecco allora la terza e decisiva linea, il terzo e decisivo tema che il Papa propone alla Chiesa e al mondo: la questione della fede e in concreto l’anno della fede. Nella recentissima messa crismale, il 5 aprile, ha affrontato con semplicità e chiarezza, secondo la sua linea patristica, che lo accomuna cioè ai Padri della Chiesa di cui è profondissimo conoscitore, il tema dell’unità nella Chiesa e della fede. E ha rilanciato "la dinamica del vero rinnovamento", con riferimento alla vicenda post-conciliare, come risposta da un lato agli "appelli alla disobbedienza", dall’altro all’"analfabetismo religioso che si diffonde in mezzo ad una società così intelligente". Un programma chiarissimo, che ha la sua radice e il suo fondamento nella "conformazione a Cristo", da svolgere con fiduciosa determinazione.
Agensir
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