“Credo che la divinità vada cercata
nell’infinitamente piccolo, dentro di noi. Non guardando verso
l’alto ma verso il basso. È questo il modo in cui vivo la mia
spiritualità”. Ne è convinto il maggiore della Aeronautica
Militare, Luca Parmitano, raggiunto dal Sir mentre si trova negli
Stati Uniti d’America per la tappa atlantica del post flight tour.
Per l’astronauta, la fede “è un argomento che preferisco tenere
privato”: “Semplicemente penso non sia utile manifestare una fede
personale perché io vorrei rivolgermi a tutti, a quelli che ce
l’hanno una fede ma anche a quelli che non ce l’hanno”. Poi il
ricordo degli anni di
studio con i salesiani di Catania - “Ho
ricordi bellissimi e con molti dei miei professori sono ancora in
contatto. Avevano un rapporto incredibile con i ragazzi: con il loro
esempio ci spingevano a studiare, a crescere e a porci domande” - e
il racconto della Terra vista dallo Spazio: “I confini ce li siamo
inventati noi. Se penso alle tensioni internazionali e ai desideri di
annessione che si vivono in questi giorni, beh… tutto questo visto
da centinaia di chilometri di distanza appare lontano e
insignificante. Ho visto l’Europa illuminata di notte senza confini
e linee di separazione, un’unica entità collegata come i neuroni
di un essere vivente. È uno spettacolo di una bellezza
straordinaria. Chi vola sa che non ci sono confini, soltanto
orizzonti”.
“I bambini hanno gli occhi giusti per
guardare il mondo, senza preconcetti e giudizi costruiti. Pensiamo al
deserto: siamo abituati ad immaginarlo come un luogo morto e
inospitale. Ma quando l’ho visto per la prima volta dall’alto -
aggiunge Parmitano - mi sono reso conto di quanto sia vivo e in
continua evoluzione, pieno di colori e sfumature. Ecco, i bambini
vedono il mondo in questo modo, prendendolo semplicemente per quello
che è”. Quanto alla scienza spaziale, prosegue, “non possiamo
attenderci risultati più veloci rispetto a quelli forniti dalle
altre scienze” ma “molte delle operazioni a bordo, però, hanno
una ricaduta immediata a Terra”. Infine, la vita fuori dal nostro
pianeta: “Come uomini abbiamo un grande limite: l’immaginazione.
Non siamo in grado di concepire qualcosa che sia completamente
distaccato da ciò che conosciamo. Se pensiamo di cercare la vita
così come la definiamo sulla Terra, restringiamo enormemente il
campo delle possibilità. Se invece accettiamo l’idea che ci possa
essere qualcosa di totalmente diverso, perché dobbiamo mettere
limiti al possibile? Se siamo in grado di lasciare completamente
aperta l’immaginazione - conclude -, e pensare che ci sia qualcosa
di comparabile a quello che noi chiamiamo vita, il fatto che non
siamo soli nell’Universo diventa allora più una probabilità che
una possibilità”.
Agensir
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