L’usanza
d’avere e di decorare un albero durante l’Avvento in preparazione
alle feste di Natale, è entrata largamente nelle case cristiane. Lo
troviamo nelle chiese, nelle strade, nei negozi ed anche sui
giornali, senza però, uno speciale riferimento cristiano. Sembra che
l’albero si presenti come alternativa al presepe di tradizione
latina o, come alcuni dicono, come simbolo delle feste invernali e
del nuovo anno. Invece pochi segni, sono tanto antichi e così
specificatamente cristiani come l’albero di Natale, visto che il
suo obiettivo è
stato sempre quello di ricordare ai fedeli che
Cristo, nato per noi in Betlemme di Giudea, è il vero Albero della
vita (Ap
2,7),
l’Albero dal quale l’uomo fu separato a causa del peccato di
Adamo (Gn
2,9).Origine nordica
Il
significato specificatamente religioso dell’albero è legato
all’evangelizzazione del nord Europa. S. Bonifacio, apostolo della
Germania, nell’intenso lavoro missionario realizzato ad Hessen, osò
abbattere, nell’anno 724, la famosa quercia di Geismer dedicata al
dio Donar e venerata con onori divini. Tagliatala, il santo vescovo,
fece costruire con quel legno una cappella in onore di S. Pietro e,
al suo posto, piantò un abete in onore di Gesù Cristo. Questo
episodio, apparentemente insignificante, mise a punto un “colpo”
decisivo contro il paganesimo della regione. Da quel momento il
cristianesimo si andò inculturando e le antiche usanze continuarono,
avendo però nuovi significati. La decorazione di un albero con luci,
si inserì nei riti di rigenerazione della luce quando, passato il
solstizio, i giorni si ricominciavano ad allungare. Queste pratiche
dell’albero della luce (Lichterbaum) erano proprie dell’ambiente
scandinavo e tedesco e si inserirono nelle credenze di quei popoli, i
quali pensavano che le piante sempreverdi avevano il potere di
scongiurare gli spiriti cattivi che agivano soprattutto nelle oscure
giornate invernali. Di contro, i cristiani credevano in Dio, in Colui
che brilla nelle tenebre e che viene riconosciuto dal popolo per
mezzo dello splendore della sua luce. Quindi, S. Bonifacio (inglese
di provenienza ma romano di formazione), che portò a termine una
delle più grandi azioni missionarie della storia della Chiesa e la
cui opera fu un fattore decisivo per lo sviluppo del cristianesimo in
Europa, è all’origine dell’albero di Natale che noi adorniamo in
questi giorni di festa. Da qui scaturì una catechesi molto semplice
e di facile comprensione per gli uomini medioevali che vivevano la
loro vita al ritmo della natura: in mezzo agli alberi morti per la
perdita del fogliame, l’abete sempreverde era visto come segno di
Cristo, il Vivente (Ap
1,18)
e, questo albero pieno di luce era Colui che è la Luce del mondo (Gv
8,12; 9,5),
che con la sua nascita ci conduce a Dio che abita in una luce
inaccessibile
(1 Tm 6,16).
Sviluppo
slavo e orientale
Nel
calendario della liturgia bizantina, nella Domenica che precede il
Natale, troviamo l’indicazione della celebrazione, “della memoria
di tutti i Genitori che furono graditi a Dio, da Adamo a Giuseppe, lo
sposo della Santissima Madre di Dio”. In altri calendari slavi, la
festa del 24 dicembre, è dedicata ad Adamo ed Eva. Tale celebrazione
è caratterizzata, in ricordo dell’albero del Paradiso, dalla
decorazione di un albero con mele o palline rosse, il cui colore
rievoca il peccato e la Redenzione. Ancora oggi, in Polonia, questa
festa del 24 dicembre – ultimo giorno dell’avvento – pone, in
maniera pedagogica, il primo Adamo in relazione con il nuovo Adamo,
Gesù, festa celebrata il 25 dicembre. In questo modo, l’albero da
cui trae origine il peccato si converte in albero di vita. In questo
ambiente slavo, un’altra tradizione consisteva nel fare una
piramide luminosa avente nella sommità un cero che veniva preso
durante la Notte Santa della nascita di Gesù, la luce vera. Il
popolo esprimeva con le lampade accese l’andare senza timore
incontro al Cristo che veniva nel Natale; allo stesso modo il popolo
chiedeva di essere infiammato dal fuoco dello Spirito per poter
risplendere davanti al Signore, quando verrà definitivamente,
illuminato dalla sua gloria. Entrambe le pratiche, l’adornare
l’albero con delle mele e l’accendere delle candele, si fusero a
partire dal sec. XVI.
Racconti
popolari
Con
il fine di diffondere il simbolo universale dell’albero della vita,
la gente semplice aggiunse delle leggende. Molto estesa era la
credenza secondo cui da un seme dell’albero del Paradiso sia nato
un altro albero, con il quale molti secoli più tardi si costruì la
croce salvatrice del Golgota. Anche i racconti intorno al fuoco nelle
notti di inverno si preoccuparono di situare il pino al centro del
cosmo che si rinnovò per la redenzione cominciata dalla nascita di
Cristo. Già nel pieno sec. X ai bambini si raccontava che la Notte
di Natale, non solo cantarono gli angeli e gioirono i pastori (Lc
2,8-15),
ma che in quel silenzio, quando il Verbo, per mezzo del quale tutte
le cose furono fatte (Gv
1,3-10),
discese dal trono reale dei cieli (Sap
18,14-15),
la creazione sembrò coperta di nuova vita: gli animali parlarono (Is
1,3; Ab 3,2 testo greco),
i fiori sbocciarono in pieno inverno, si videro nascere i più buoni
frutti sugli alberi (Sl
1,3).
Solamente l’abete, che non fiorisce, non poteva esprimere la gioia
del cosmo di fronte alla venuta del Redentore (Sl
95,12)
e per questo il Signore, prese nelle sue divine mani un grappolo di
stelle (Ap
1,16)
e le mise sopra i suoi rami che divennero risplendenti di luce.
Un’altra versione dello stesso racconto presenta l’albero vicino
la grotta di Betlemme con sopra la stella che aveva guidato i Magi,
“abbellendo” così “il Luogo Santo” (Is
60,13).
Questi racconti che hanno alimentato la pietà popolare di
generazioni, esprimono la profonda convinzione cristiana che il Dio
creatore si rende presente in mezzo alla sua creazione in una
triplice manifestazione: naturale (la stella si pose sulla cima
dell’albero), storica (indicando la nascita), Scritturistica (nel
luogo annunciato dai profeti). Nel campo iconografico, non mancano
rappresentazioni di un albero presso il presepe. A volte l’albero
apre la sua fronda per formare il segno della croce. La
rappresentazione non può mostrare in modo migliore la relazione
esistente tra la Pasqua e il Natale. Così lo esprime la liturgia
Hispano-mozarabica dell’Avvento: Colui che nasce, viene per morire.
È un linguaggio diverso ma afferma la medesima realtà: esprime come
Colui che prima di apparire nel tempo esiste prima del tempo e i
cieli e la terra, “che furono creati per mezzo di Lui e in vista di
Lui” (Col
1,16),
lo rendono presente in tutto il suo splendore.
Usanza
protestante?
L’albero
e il presepe coesistevano pacificamente nel centro Europa fino alla
riforma protestante. L’influenza della predicazione iconoclasta dei
luterani arrivò ad eliminare il presepe in favore dell’albero. In
contrasto con il vuoto dovuto alla soppressione dell’immagine della
Natività e per lottare contro una visione unicamente pagana
dell’albero, si diffusero molteplici e belle leggende in favore
dell’abete. Indiscutibilmente, l’albero santo – come lo si è
denominato - si impose con forza. Abbiamo notizia del popolo di
Selestat in Alsazia in cui il Natale, nel 1521, si celebrava
adornando l’albero. Anche a Strasburgo, a partire dal 1605 si
diffuse l’usanza di collocare regali e dolciumi ai piedi del pino.
Questi dolci erano fatti con latte e miele, evocando così la Terra
Promessa (Es
3,8)
e dando l’accesso all’albero della Vita (Ap
22,14)
simbolo di Gesù Cristo. In non pochi luoghi i dolci sostituirono le
preghiere, il pane benedetto che veniva a ricordare l’Eucarestia
(Gv
6,51).
“L’ammirabile scambio” che canta la liturgia natalizia10 si
esprimeva in questa forma semplice. L’albero della croce mostra
lasua efficacia nell’Eucarestia. In lei, come nel mistero della
Manifestazione (1
Tm 3,16),
Dio si fece uomo perché l’uomo diventasse Dio. L’albero viene
introdotto in Inghilterra nel secolo XVIII. Viene menzionato per la
prima volta nel 1789. Nel 1800, la regina Charlotte, tedesca di
nascita e moglie di Georges III, collocò un pino di Natale a Queen’s
Lodge (Windsor). Ornato con luci, mele rosse e con figure di Maria,
di Giuseppe, dell’asino e del bue. Sulla cima c’era l’immagine
di Gesù Bambino: è la fusione delle tradizioni latine con quelle
tedesche. Solamente nel 1840, in piena epoca vittoriana, che a Londra
si diffonde pienamente l’uso di questo simbolo natalizio: il
principe Alberto di Sassonia-Coburgo, sposo della regina Vittoria, lo
aveva introdotto nel palazzo provocando l’imitazione da parte della
nobiltà e della borghesia. Nel 1869, Charles Dickens scrive “Nuove
storie per il Natale” con un magnifico saggio sull’albero.
Ricordiamo anche, nel secolo passato, l’iniziativa della
principessa Hèlene de Mecklembourg, contessa d’Orleans, quando
fece adornare in Avvento un pino a Tuilleries (Parigi). Una grande
diffusione ebbe in seguito a Zurigo, Vienna e Praga. Dall’Inghilterra
arriva agli Stati Uniti, dove troviamo il primo albero adornato in
una via pubblica a Boston (1912). Per influenza nord-americana torna
in Europa e diviene molto popolare nei nostri paesi. A Roma figura,
insieme alla rappresentazione della grotta di Betlemme, davanti alla
Basilica Vaticana.
Memoria
del Paradiso
L’albero
di Natale ci ricorda altri due alberi: quello del Paradiso e quello
della Croce. Il Paradiso è il luogo originario dove Dio colloca
l’uomo. Giardino ricco di tutte le specie di alberi, piantati ad
Oriente (Gn
2,8),
lo stesso è dire di Cristo, perché Egli stesso è chiamato Oriente
(Zc
3,8; 6,12 testo greco; Lc 1,78).
Quando il Signore ritornerà, verrà da Oriente (Mt
24,27a),
riflesso della luce eterna (Sap
7,26),
brillando fino ad Occidente (Mt
24,27b).
L’albero sarà il ricordo continuo della nostra autentica patria –
il Paradiso – e sarà tempo in cui desiderio e aspirazione ci
faranno crescere nella speranza. L’albero della vita del Paradiso è
la Saggezza (Prov
3,18),
e questa saggezza di Dio è Cristo crocifisso sull’albero della
Croce (1Cor
1,23s).
L’albero, origine della colpa che gettò il mondo nelle tenebre, è
divenuto per la morte di Cristo la sorgente della luce vera che
illumina tutti gli uomini (Gv
1,9).
L’albero della Croce è il simbolo pasquale che ci rievoca la
gloriosa vittoria del leone della tribù di Giuda (Ap
5,5);
addobbare l’albero a Natale, è espressione della fede nel
compimento delle promesse in Cristo: “si rallegrano gli alberi
della foresta di fronte al Signore che viene” (Sl
95,12-13).
Cedri, pini e cipressi, sono per il profeta alberi paradisiaci.
L’albero sempre-verde richiama ancora di più la presenza di Dio
stesso: “Sono come cipressi sempre verdi” (Os
14,9).
Sono segni eterni di gioia e di pace (Is
55,12s)
che portano in sé la confessione della fede: il peccato di Adamo è
stato distrutto per l’Incarnazione di Cristo che si è caricato del
peccato dando a noi la vita. Questo è il significato teologico del
linguaggio popolare che adorna l’albero di mele e palline rosse che
simboleggiano il peccato, o il porre forme di pane che simboleggiano
le ostie. La mela della discordia pone nell’uomo la morte, l’ostia
della pace ridona la vita. Queste ostie sospese sui rami dell’albero
hanno dato origine ai marzapane e agli altri dolci natalizi. In
differenti luoghi, intorno all’albero, sono nate diverse
rappresentazioni di teatro sacro. I personaggi che intervenivano
(angeli, diavoli, stelle, Adamo ed Eva, ecc) rimanevano attaccati ai
rami dell’albero come figure: coro degli angeli, serpenti o draghi,
e soprattutto le candele utilizzate per esprimere la luce che brilla
nelle tenebre (Gv
1,5)
e che è servita per ricordare il Sole che nasce nell’alto (Lc
1,79).
Voi tutti, alberi del Signore, benedite il Signore! La pubblicazione
nel Rituale delle Benedizioni Liturgiche (nelle edizioni Spagnola,
Canadese e Statunitense) del Rito della Benedizione dell’albero di
Natale, permette di vederlo come un sacramentale. E’ un modo di
benedire il Signore, riconoscendo nell’albero della Croce un
prolungamento di quello del Paradiso, formando così l’asse unico
del mondo, “nessuna foresta ne produce uno uguale” (è il simbolo
della vita in perpetua evoluzione, in ascesa verso l’alto; penetra
nel suolo e si slancia verso il cielo). Giustamente, allora, l’albero
è un modo per identificare una famiglia cristiana; un’immagine del
Bambino Gesù o un’icona della Natività posti al di sotto, accanto
o sopra di esso, contribuiranno a far risaltare il carattere
religioso di questo simbolo ecologico della Natività. Questo non si
è mai perso nell’Europa centrale ma nella nostra area, l’albero
si è maggiormente introdotto come segno “laico” delle feste
invernali di famiglia.
Padre
Manuel Gonzalez, don Francesco Giuliani
Fonte
:
http://www.parrocchiadicoreno.it/catechesi/approfondimenti/287-albero-di-natale-e-cristiano.html
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