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Figli con un solo genitore. Non è la stessa cosa

In Italia 2.400.000 bambini crescono senza padre e 400.000 senza madre.
Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari (www.forumfamiglie.org), commenta al Sir il fenomeno dell’aumento del numero dei figli cresciuti da un solo genitore: negli Stati Uniti, secondo i dati raccolti dal Census Bureau e dall’American Community Survey, 15 milioni di bambini, addirittura uno su tre, cresce senza il padre e altri 5 milioni senza la madre. In Gran Bretagna, invece, avere un padre risulta nella top 10 dei regali chiesti a Babbo Natale: un dato che fa pensare. Anche in Italia sono oltre 2 milioni e 800 mila i bambini inseriti in famiglie monogenitoriali: 2 milioni e 400 mila circa vivono senza padre e altri 400 mila senza madre. 

Quanto incide sulla vita di un bambino vivere con un solo genitore? 
“Nell’educazione di un bambino sin dall’origine la differenza sessuale dei genitori è fondamentale, soprattutto essere
genitori in coppia da padri e madri è un dato molto importante. Nell’alleanza di coppia si origina la cura per i bambini. Il dato di una crescente presenza di bambini costretti a vivere senza uno dei genitori deve allarmarci: può anche sembrare un dato di maggiore libertà e di possibilità di scelta per gli adulti, ma il bene dei bambini andrebbe messo al primo posto. Questo chiama a una maggiore responsabilità nel progetto di coppia, nell’impegno per sempre, tutti valori che attorno alla parola matrimonio un tempo trovavano una custodia anche sociale. È un po’ la crisi del matrimonio che si porta dietro insieme causa ed effetto di questa grande difficoltà”.

Crescere con un solo genitori è un fenomeno figlio dei nostri tempi?
“Nei secoli precedenti i bambini spesso sono stati orfani, ma per assenze traumatiche, perché le madri morivano molto più frequentemente per il parto e gli uomini morivano molto più giovani. Non è assolutamente nuova la situazione di essere senza genitori, la letteratura è piena di queste situazioni, ma segnalava anche l’impoverimento di questi bambini senza genitori. La società contemporanea, invece, vorrebbe raccontare che stare con un solo genitore è la stessa cosa che avere entrambi i genitori, stabili, fissi, sempre presenti e accessibili per il bambino. Ma non è vero: la stabilità della coppia è la prima risorsa per il benessere del bambino”.

L’aumento dei figli con un solo genitore dipende dall’incapacità di prendere un impegno per sempre come coppia?
“Da un lato, c’è questa illusione del fare famiglia senza matrimonio, del diventare genitori senza un vincolo, una stabilità e senza una forte alleanza tra genitori e comunità sociale. In passato l’assistenza e la cura dei figli era sia dei genitori sia della società nel suo complesso e il matrimonio era il luogo di quell’alleanza esplicita. Oggi i genitori sono abbandonati e questo è un cambiamento che impoverisce le famiglie, gli adulti e anche i bambini. Dall’altro lato, bisogna leggere diversamente questi dati. In molti casi di bambini che vivono solo con le madri o solo con i padri c’è il tentativo della coppia di restare genitori nonostante la separazione. Questa è una fatica che va guardata con grande simpatia e attenzione da parte della società, perché ormai le separazioni avvengono anche in Italia e bisogna aiutare padri e madri a restare genitori dei propri figli anche quando non si vive più nella stessa casa. Sicuramente la qualità di questa genitorialità a distanza dipende molto dal grado di conflittualità dei genitori. Credo che in Italia questa co-genitorialità a distanza sia più presente che negli Stati Uniti, dove ci sono moltissimi casi di gravidanze di adolescenti con un’oggettiva perdita assoluta di uno dei genitori. In Italia c’è questo nuovo laboratorio che dovrebbe essere assistito e accompagnato un po’ di più per non lasciare da soli i genitori”.

Per un bambino crescere con un solo genitore crea problemi affettivi e anche economici?
“La separazione è un grande stress dal punto di vista delle relazioni, dell’identità, del progetto di vita e anche dal punto di vista della situazione economica, perché è un oggettivo impoverimento di entrambi i genitori, ovunque stiano i figli. Per i bambini viene a mancare la quotidianità, la presenza, il tempo passato insieme. Questo tema ci ricorda la grande responsabilità dei genitori nei confronti dei figli, del dare un pezzo di vita per loro. A causa della crisi, poi, anche in Italia c’è il fenomeno della mobilità lavorativa, per cui è sempre più frequente che un genitore si allontani dal luogo dove vive la famiglia. Questo fenomeno negli Stati Uniti è molto più drammatico: quando una coppia separata si trova a mille chilometri di distanza l’accesso al figlio è praticamente impossibile. Al di là di una cattiva retorica che dice che basta separarsi civilmente perché ai bambini non succeda niente, bisognerebbe riaffermare che la separazione è una ferita per i partner ed è tanto più una ferita per i bambini. Le ferite si possono curare, si può continuare a vivere, ma non si può dire che il dolore non esiste. Forse è questo il messaggio che i dati ci dovrebbero costringere ad accogliere con più forza: la separazione è un fattore dannoso”. 

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