In
America un libro a sei mani cerca di fare chiarezza filosofica sul
tema delle nozze tra omosessuali
Quindi
cos’è il matrimonio, in realtà?
Ecco la domanda posta da Sherif Girgis, Ryan Anderson e Robert George
nel loro nuovo libro, intitolato (che sorpresa!) “Cos’è il
matrimonio?”. E’ un libro intelligente su una materia importante.
La Corte suprema ha deciso di
esaminare due casi riguardanti
matrimoni fra persone dello stesso sesso, il che significa che
finalmente ci stiamo dirigendo verso quello che potrebbe essere il
momento in cui si farà luce sulla materia, legalmente parlando. Ma
quello che ci offrono Girgis, Anderson e George nel loro “Cos’è
il matrimonio?” è un po’ di chiarezza filosofica.
L’argomento
più convincente in favore del matrimonio fra persone dello stesso
sesso è da sempre quello basato sull’uguaglianza. Visto da tale
posizione, il matrimonio è un’istituzione pubblica – come il
sistema scolastico o dei trasporti – dalla quale le coppie dello
stesso sesso sono ingiustamente escluse. Creare un diritto al
matrimonio fra persone dello stesso sesso, sostiene questa tesi, non
altera per nulla l’istituzione stessa. Semplicemente, fornisce
eguale accesso a una classe di persone precedentemente escluse.
Questo è un argomento ragionevolmente efficace. Abbastanza efficace
da far guadagnare qualche vittoria elettorale alle lobby per i
diritti dei gay, dopo anni e anni di fallimenti nelle urne.
Ma
“Cos’è il matrimonio?” scava un po’ più a fondo nella tesi
dell’uguaglianza e dimostra che è superficiale.
Ecco cosa dicono gli autori in un recente saggio del Wall Street
Journal: “Non ci avvicineremo di un solo millimetro a una risposta
con un semplice appello all’uguaglianza. Ciascuna politica sul
matrimonio crea dei limiti, lasciando al di fuori qualche tipo di
relazione. L’uguaglianza proibisce di tracciare dei limiti
arbitrari. Ma non possiamo sapere quali limiti siano arbitrari senza
rispondere a due domande: che cos’è il matrimonio, e perché è
importante per la politica?
La posizione dalla quale partono
Girgis, Anderson e George è che il definire qualsiasi limite al
matrimonio sia una scelta morale: “Le visioni coniugali e
revisioniste sono due risposte contrapposte; nessuna è moralmente
neutrale. Ciascuna è sostenuta da qualche visione del mondo di tipo
secolare e religioso, ma è rigettata dagli altri. Niente nella
Costituzione proibisce o è in favore di nessuna delle due. La Corte
suprema di conseguenza non ha alcuna base per imporre l’una o
l’altra visione del matrimonio. Quindi i votanti dovranno decidere:
quale delle due visioni è quella corretta?”. Quindi dovranno
definire in dettaglio il costrutto morale e filosofico del
matrimonio. Non vorrei rovinarvi la sorpresa, ma il nocciolo della
questione sta nella legge naturale: “Questa visione non richiede
alcuna teologia particolare. Antichi pensatori, non influenzati dal
giudaismo o dalla cristianità – inclusi Aristotele, Platone,
Socrate, Musonio Rufo, Senofane e Plutarco – distinguevano
anch’essi il legame coniugale da ogni altro.
Neppure
l’animosità contro uno qualsiasi di questi gruppi può portare a
una conclusione di questo tipo,
che è comunque nata ovunque in modo separato rispetto ai dibattiti
riguardanti le unioni fra persone dello stesso sesso. La visione
coniugale si adatta al meglio alle nostre pratiche sociali e ai
giudizi su quello che sia il matrimonio. Dopotutto, se due uomini o
due donne possono sposarsi, allora ciò che distingue il matrimonio
dagli altri legami deve essere l’intensità emozionale o la
priorità. Ma nulla riguardo alle unioni emozionali necessita di
essere permanente. O limitato a due persone. O sessuale, ancor meno
sessualmente esclusivo. O inerentemente orientato alla vita
famigliare e formato dalle sue necessità. Eppure, come la maggior
parte delle persone sa, i legami che non prevedono tali
caratteristiche non sono matrimoni.
Non stiamo prefigurando un
destino infausto, ma questi elementi mostrano che i revisionisti
intendono il matrimonio nel senso sbagliato: fondono matrimonio e
l’essere partner, che è una categoria ovviamente più ampia.
Questa fusione ha delle conseguenze. La legge sul matrimonio forma il
comportamento, promuovendo la visione di ciò che il matrimonio è,
di cosa richiede. Una sua ridefinizione porterebbe soltanto a una
distorsione sociale ancor più profonda del matrimionio – e
conseguentemente sarebbe dannosa – iniziata con politiche quali il
divorzio ‘senza colpa’. Nel momento in cui i codici tra coniugi
hanno meno senso, il rispetto per questi codici si erode”.
E’
di conforto vedere che l’argomentazione filosofica sul matrimonio
sia trattata in toni così poco apologetici.
di
Jonathan V. Last
Copyright Weekly Standard (traduzione di Marion
Sarah Tuggey)
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- FOGLIO QUOTIDIANO
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