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Vacanze povere: piccolo bene nel grande male della crisi

Partiranno in meno, andranno meno lontano, per meno giorni. Le vacanze doppie (genitori da una parte, figli dall’altra, di solito più lontani) saranno più rare. È così che si chiude un anno e se ne prepara un altro. Perché i giorni che portano a Ferragosto sono la vera fine dell’anno scolastico, lavorativo, famigliare. Cambia tutto, perché cambiamo noi, genitori e figli.
I figli in età scolare sono 'figli', cioè docili e legati ai genitori (la più grande gioia della vita) fino ai primi tre anni delle elementari. Poi, già in quarta¬quinta, hanno amici stretti, mangiano a casa loro, fanno i compiti con loro, e imparano molto più da loro,
fuori casa, che dai genitori, in famiglia. Questo trend si fa più intenso nella media inferiore, ed è sfrenato nelle superiori.
Alla fine delle medie, e poi per tutte le superiori, i ragazzini viaggiano in Internet, e in Internet trovano di tutto: Internet non dà loro più cultura, ma più confusione.
Questo trovarsi in gruppo, questo fare gruppo, ha un’importanza enorme, nell’evoluzione delle famiglie. Perché fin che il figlioletto impara dai genitori, si conserva la tradizione, cioè la trasmissione della cultura e della morale per via verticale, dalla generazione precedente alla successiva. Ma poi, quando il figlio impara dai coetanei, si 'costruisce' la propria cultura e la propria morale per via orizzontale, dal gruppo. Impara a costruirsi una vita incomunicante. Non perché noi padri non stiamo a sentire (non sono d’accordo con Crepet, che ha un libro così intitolato: E non vogliamo ascoltarli), ma perché i figli spesso non vogliono dirci niente. Crescono nel mistero. Si considerano padroni di se stessi. (Al momento di sposarsi, la figlia di Carter disse al padre: «Ti chiederanno: 'Chi dà questa donna a quest’uomo?', tu non sognarti di rispondere: 'Io', perché nessun uomo mi dà a un altro uomo»).
Il periodo dell’anno in cui le nostre vite e quelle dei nostri figli comunicano di meno, è la metà di agosto. Ci siamo. Se i figli vanno in vacanze separate (lo fanno quasi tutti, quelli che non lo fanno si vergognano), noi li conosciamo poco quando partono, non li conosceremo per niente quanto tornano. È ciò che tanti di loro vogliono. La vera vacanza per loro, dai 15 anni in su, è spesso una fuga dalla morale della famiglia. Hanno voglia di Paesi stranieri, perché per andare completamente fuori dalla famiglia devono andare fuori dalla lingua materna. È il grande, silenzioso, micidiale effetto delle vacanze, ogni anno: aumentano il solco tra padri e figli. Quest’anno sarà più difficile. Si dimezza il numero dei vacanzieri, si crea il malinconico fenomeno delle 'vacanze finte' (famiglie che tengono chiuse le finestre, per dare l’impressione di essere via), e si accorciano gli itinerari: pochi andranno in Paesi lontani, in civiltà sconosciute, e meno ancora andranno in Paesi a rischio, sconsigliati dal Ministero degli Esteri, per esibire la vacanza come un trofeo: Yemen, Sudan, Sahara… Non tutti i figli faranno vacanze separate, che significano spesa doppia. Non staranno a lungo fuori controllo, raggiungibili solo per e-mail. Le famiglie saranno meno spaccate, e il solco che separa padri da figli crescerà meno degli altri anni. Certo, sarebbe meglio se fossimo più ricchi, se la crisi fosse alle spalle, se potessimo spendere… Ma le famiglie che rimangono un po’ più unite sono un piccolo prezioso bene, creato dalla crisi, che resta comunque un grande male.
FERDINANDO CAMON
Avvenire, 6.8.10

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