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Ad un uomo (prete) che si è guastato

In queste settimane la Chiesa ha vissuto momenti travagliati a causa anche della infedeltà alla propria vocazione di alcuni suoi ministri. La prosa è già dura è non ha bisogno di ulteriori argomentazioni. Anche perché il male è sempre “irrazionale”, essendo fuori da Dio, e quindi sarebbe inutile cercarne una logica “ragionevolezza”. Affido allora alla poesia, più vicina alla preghiera, una descrizione dell'uomo. Ma soprattutto di Dio.


Lui che mi dette con la vita il corpo,
questo campo robusto che assicura
l'anima in cui alligna la grazia,
Lui non ha avuto paura che mi guastassi,
che perdessi la fede: ed ha lasciato
che il nemico infierisse. Che cos'è
che voleva, allora, se non che alla fine
mi ricordassi che non si vive di solo
pane, e nemmeno soltanto di grazia,
ma anche di buio coraggio di quando
Lui può mancarci: e occorre rifarlo in noi,
e riconoscersi vivi nei gemiti
delle montagne squassate dai terremoti,
perché l'evenienze del mondo sono
infinite, le catastrofi miserevoli
e senza alcuna spiegazione plausibile
alla nostra esigenza d'amore. Lèvati
allora, e datti da fare col tuo
coraggio. Dio ti riconoscerà per suo.

(Carlo Betocchi)

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