(da dx) don José Brosel, don Mario Lusek, Mons. Mariano Crociata, don Massimo Pavanello |
Ieri S. E. Mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della CEI, ha celebrato presso la Fiera di Milano la S. Messa di chiusura della 31a edizione della Borsa Internazionale del Turismo. Questa l'omelia tenuta.
Con questa Eucaristia nel giorno del Signore torniamo a ringraziare il Signore per il dono della vita e della fede, del nostro essere Chiesa; lo ringraziamo della possibilità di viaggiare, conoscere, incontrare, ma anche dei beni di cui disponiamo, a cominciare dalla stessa natura. Vivere tutto come dono di Dio e come opportunità di bene è ciò che possiamo riscoprire e imparare di nuovo da questa celebrazione. In
questo senso, quel tipo particolare di turismo che è il pellegrinaggio, il quale unisce alla scoperta della natura, di paesi e popoli diversi l’incontro con la molteplice esperienza religiosa cristiana nel tempo e nello spazio, dà un contributo decisivo per imparare ad abbracciare come dono le bellezze e la grazia che ci è dato di conoscere. Bisogna soprattutto che passiamo dall’atteggiamento di fruitori gaudenti, di consumatori narcisisti, all’atteggiamento di utenti responsabili e attivi di beni da valorizzare e non da sciupare, guastare, esaurire. È questo il senso del tema proposto quest’anno alla Borsa Internazionale del Turismo: “La natura accoglie, accogliere la natura. Turismo e biodiversità”.
Le letture bibliche che sono state proclamate illuminano tutta la nostra vita e anche questo momento di incontro per la promozione del turismo. Potremmo anche noi sentirci interpretati da quella espressione della lettura di Isaia che dice: «Orecchio non ha sentito, occhio non ha visto che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto per chi confida in lui» (Is 64,3). Davvero il Signore ha fatto tanto per noi.
Dobbiamo però lamentare pure noi, come fa il profeta, che abbiamo dato motivo al Signore di adirarsi perché siamo stati peccatori e «siamo divenuti come cosa impura» (64,5). C’è in questa confessione un aspetto personale, secondo cui ciascuno può riconoscersi a misura di quanto gli rimprovera la propria coscienza; ma c’è anche una dimensione sociale, una forma di condivisione di responsabilità che è all’origine di tanto male attorno a noi. Eppure anche in tale condizione noi, insieme al profeta, non perdiamo la nostra fiducia in Dio, ma lo invochiamo, come poi ci ha insegnato Gesù: «tu sei nostro padre» (64,7).
Bisogna che abbiamo fiducia in Dio nostro Padre, l’unico che può renderci giusti, e quindi capaci di riparare il male e ritornare sulla via del bene. Per la fede in lui veniamo purificati e diventiamo capaci di bene. È ciò che dice il Vangelo. La guarigione di due ciechi e di un muto è resa possibile dalla fede nella potenza di Gesù. La fiducia in lui e il riconoscimento della sua potenza («Credete che io possa fare questo?»: Mt 9,28) aprono il varco, creano lo spazio all’azione efficace di Gesù che guarisce e salva.
Abbiamo bisogno anche noi di aprire gli occhi e di sciogliere la lingua; abbiamo bisogno di re-imparare a vedere e a parlare: a vedere Dio all’opera nella nostra vita e nella storia, a pronunciare parole sagge, parole vere, parole di bene. Non è possibile acquistare la vista e la parola senza volerlo, desiderarlo, cercarlo, non è possibile soprattutto senza credere. Così è stato per i miracolati del Vangelo, così è anche per noi. Il vero miracolo, allora, più che la vista o la parola recuperata, è la fede, la fede che apre a un modo nuovo di vivere. E il nuovo modo di vivere è la fraternità come ce la insegna san Paolo oggi: «Ciascuno non cerchi il proprio interesse, ma quello degli altri» (Fil 2,4).
Questo modo nuovo di guardare al mondo e alla vita si ripercuote anche sul nostro rapporto con l’ambiente naturale. La nostra celebrazione è un’occasione propizia per riscoprire la nostra responsabilità nei confronti dell’ambiente a favore dell’umanità intera: conoscere e rispettare la natura nella sua variopinta diversità è un modo per esprimere la nostra civiltà, il senso di gratitudine per i beni innumerevoli di cui è cosparsa la nostra vita in questo mondo, per contribuire a tutelare un ambiente sano e accogliente anche per gli altri, per mantenere e consegnare un ambiente altrettanto sano e accogliente per le future generazioni.
La nostra responsabilità di credenti è grande, poiché abbiamo la possibilità di riconoscere il fondamento ultimo della nostra vita e di tutto ciò che la rende bella; ma anche la possibilità di riconoscere le cause e le responsabilità di ciò che offusca e minaccia l’esistenza umana e la convivenza sociale; soprattutto la possibilità di riscatto e di nuovo inizio che nella fede riconosciamo e accogliamo dal nostro Signore Gesù. Non manchi mai al nostro lavoro, insieme all’impegno per la produttività, l’attenzione alle altre dimensioni che rendono esaltante l’esperienza del viaggio e della scoperta di mondi, storie, esperienze, e cioè la gratitudine, l’accoglienza, la contemplazione.
+ Mariano Crociata
Commenti