Intervento alla Bigs - Autodromo di Monza - 18 settembre 2009
(foto: Chiesa Sant'Agostino, Roma. SansovinoRaffaello)
Saluto cordialmente, anche se velocemente, tutti i presenti e ringrazio chi mi ha invitato. Troveremo senza dubbio il modo di incontrarci con più agio in un momento diverso. Senza indugiare, mi addentro così subito nel tema che mi è stato affidato, anche se solo per medaglioni. Un tema che dovrebbe partire dalla precisazione del termine Turismo religioso - poiché esso non ha ancora una definizione pienamente accettabile - ma che qui do invece per acquisito, almeno nella sua problematicità. Esso non è - in purezza - pellegrinaggio, non è svago, non è approfondimento culturale, non è business, non è culto, e tuttavia si intreccia con ciascuno di questi aspetti.
Un letto, un sogno
La prima riflessione che sono portato a fare, allora, è che forse la sinergia principe tra le diverse mobilità la si deve individuare a monte e non a valle. La domanda corretta e previa cui rispondere, cioè, non è cosa possiamo fare insieme (questo verrà), bensì quale definizione condivisa diamo del viandante oggi? La sinergia, l’unità, la si dà nell’uomo stesso. Che non è ad “una” dimensione. Perché - per dirla con un’immagine - se è vero che anche il pellegrino ha bisogno di un letto per dormire è pur vero che anche il non pellegrino sogna. Ha cioè una sfera immateriale (che io chiamo spirituale) da nutrire. Il dialogo tra i diversi attori del viaggiare è quindi una necessità motivata dal riconoscimento della realtà.
La comunità
Tra i valori trasversali, presenti in ogni camminatore, vi è il gusto del movimento, la virtù dello stupore, l’attenzione alla natura/creazione, lo stile di sobrietà. Chi viaggia, in genere, essenzializza la corporeità (bagagli, vestiti…) ed esalta l’idealità (la meta, l’amicizia, la conoscenza…). Su questo campo, come ognuno può intuire, le sinergie sono immediate.
Ma c’è un valore specifico del turismo religioso che, credo, vada condiviso, oltre che verbalizzato, poiché in genere un po’ carente. Esso risponde alla domanda: a cosa servono questi luoghi? Ogni luogo religioso, infatti, è pensato e custodito da una comunità e per una comunità cristiana. Visitare un sito religioso prescindendo dalla storia della comunità e forse anche dall’incontro con essa - con la sua liturgia, la sua catechesi - mi sembra cosa povera e poco rispettosa del vero oggettivo. Credo che su questo si possa lavorare proficuamente per trovare nuove sintonie. Sintonie che devono valere anche al contrario, poiché la comunità non può misconoscere le opportunità che le vengono fornite dai luoghi stessi. A tal proposito alcuni uffici della Curia, per citare un esempio, hanno iniziato lo scorso anno, e continueranno pure al presente, a proporre un corso di aggiornamento su Arte, fede e cultura coinvolgendosi in un lavoro di squadra.
Accoglienza, incoming
Un altro valore idealmente condiviso, ma da formalizzare ulteriormente insieme è quello dell’accoglienza. Se, come valore morale, è tendenzialmente vissuto, non così possiamo dire nella sua declinazione pratica. L’ambrosiano - sia esso laico o pellegrino - in genere quando pensa al turismo pensa a quello in uscita. Pensa ai propri viaggi. Per quanto concerne il mio settore, ad esempio, di ciò ho una spia quotidiana. A Roma, a Firenze ogni casa religiosa ha una foresteria, piccola o grande che sia, con la quale esercitarsi nell’annuncio evangelico ai turisti. A Milano, no. L’incoming religioso – con i fini nobili che sopra evocavo – è praticamente assente.
I prossimi appuntamenti
Su questo si dovrà tuttavia lavorare trovando delle collaborazioni in vista di appuntamenti internazionali, anche ecclesiali, che ci stanno davanti e che si svolgeranno sul nostro territorio diocesano. Penso al 2012 col Forum internazionale delle famiglie, al 2013 con la commemorazione dell’Editto costantiniano del 313, e infine al 2015 con l’Expo. Sono tutte occasioni che vedranno intrecciate varie attese, non ultima quella spirituale, e che il turismo in entrata deve lodevolmente intercettare e servire.
E che ciò sia cosa buona lo si dice pure nel Messaggio pontificio per la Giornata Mondiale del Turismo che celebreremo domenica 27 Settembre p.v., dal titolo: Il turismo, celebrazione della diversità.
Saluto cordialmente, anche se velocemente, tutti i presenti e ringrazio chi mi ha invitato. Troveremo senza dubbio il modo di incontrarci con più agio in un momento diverso. Senza indugiare, mi addentro così subito nel tema che mi è stato affidato, anche se solo per medaglioni. Un tema che dovrebbe partire dalla precisazione del termine Turismo religioso - poiché esso non ha ancora una definizione pienamente accettabile - ma che qui do invece per acquisito, almeno nella sua problematicità. Esso non è - in purezza - pellegrinaggio, non è svago, non è approfondimento culturale, non è business, non è culto, e tuttavia si intreccia con ciascuno di questi aspetti.
Un letto, un sogno
La prima riflessione che sono portato a fare, allora, è che forse la sinergia principe tra le diverse mobilità la si deve individuare a monte e non a valle. La domanda corretta e previa cui rispondere, cioè, non è cosa possiamo fare insieme (questo verrà), bensì quale definizione condivisa diamo del viandante oggi? La sinergia, l’unità, la si dà nell’uomo stesso. Che non è ad “una” dimensione. Perché - per dirla con un’immagine - se è vero che anche il pellegrino ha bisogno di un letto per dormire è pur vero che anche il non pellegrino sogna. Ha cioè una sfera immateriale (che io chiamo spirituale) da nutrire. Il dialogo tra i diversi attori del viaggiare è quindi una necessità motivata dal riconoscimento della realtà.
La comunità
Tra i valori trasversali, presenti in ogni camminatore, vi è il gusto del movimento, la virtù dello stupore, l’attenzione alla natura/creazione, lo stile di sobrietà. Chi viaggia, in genere, essenzializza la corporeità (bagagli, vestiti…) ed esalta l’idealità (la meta, l’amicizia, la conoscenza…). Su questo campo, come ognuno può intuire, le sinergie sono immediate.
Ma c’è un valore specifico del turismo religioso che, credo, vada condiviso, oltre che verbalizzato, poiché in genere un po’ carente. Esso risponde alla domanda: a cosa servono questi luoghi? Ogni luogo religioso, infatti, è pensato e custodito da una comunità e per una comunità cristiana. Visitare un sito religioso prescindendo dalla storia della comunità e forse anche dall’incontro con essa - con la sua liturgia, la sua catechesi - mi sembra cosa povera e poco rispettosa del vero oggettivo. Credo che su questo si possa lavorare proficuamente per trovare nuove sintonie. Sintonie che devono valere anche al contrario, poiché la comunità non può misconoscere le opportunità che le vengono fornite dai luoghi stessi. A tal proposito alcuni uffici della Curia, per citare un esempio, hanno iniziato lo scorso anno, e continueranno pure al presente, a proporre un corso di aggiornamento su Arte, fede e cultura coinvolgendosi in un lavoro di squadra.
Accoglienza, incoming
Un altro valore idealmente condiviso, ma da formalizzare ulteriormente insieme è quello dell’accoglienza. Se, come valore morale, è tendenzialmente vissuto, non così possiamo dire nella sua declinazione pratica. L’ambrosiano - sia esso laico o pellegrino - in genere quando pensa al turismo pensa a quello in uscita. Pensa ai propri viaggi. Per quanto concerne il mio settore, ad esempio, di ciò ho una spia quotidiana. A Roma, a Firenze ogni casa religiosa ha una foresteria, piccola o grande che sia, con la quale esercitarsi nell’annuncio evangelico ai turisti. A Milano, no. L’incoming religioso – con i fini nobili che sopra evocavo – è praticamente assente.
I prossimi appuntamenti
Su questo si dovrà tuttavia lavorare trovando delle collaborazioni in vista di appuntamenti internazionali, anche ecclesiali, che ci stanno davanti e che si svolgeranno sul nostro territorio diocesano. Penso al 2012 col Forum internazionale delle famiglie, al 2013 con la commemorazione dell’Editto costantiniano del 313, e infine al 2015 con l’Expo. Sono tutte occasioni che vedranno intrecciate varie attese, non ultima quella spirituale, e che il turismo in entrata deve lodevolmente intercettare e servire.
E che ciò sia cosa buona lo si dice pure nel Messaggio pontificio per la Giornata Mondiale del Turismo che celebreremo domenica 27 Settembre p.v., dal titolo: Il turismo, celebrazione della diversità.
Il turismo, in quanto pone a contatto con altri modi di vivere, altre religioni
e forme di vedere il mondo e la sua storia, è pure un’occasione di dialogo e di
ascolto, e costituisce un invito a non chiudersi nella propria cultura (…). Non
deve sorprendere pertanto che settori estremisti (…) indichino il turismo come
un pericolo e un obiettivo da distruggere. La conoscenza reciproca aiuterà (…) a
costruire una società più giusta, solidale e fraterna.
Conclusione
Mi rendo conto di non aver dettagliato spicciole occasioni di sinergie. Forse non si poteva fare diversamente poiché gli attori sono molteplici e quindi anche le collaborazioni lo sono/lo saranno. Se sollecitato da qualche domanda non mi sottrarrò. Ma mi premeva qui offrire un supporto solido su cui attaccare il quadro. Un’opera d’arte - come è l’ambito turistico - non può essere appesa, infatti, ad un semplice chiodo.
Il lavoro da fare insieme è molto e forse neppure rettilineo. Ma ciò non mi spaventa. A tale riguardo trovo conforto nelle parole dell’ultra centenario architetto brasiliano Oscar Niemeyer: La retta - egli sostiene - è la via più breve tra due punti, ma la curva è la linea che più ricorda l’infinito, Dio.
Mi rendo conto di non aver dettagliato spicciole occasioni di sinergie. Forse non si poteva fare diversamente poiché gli attori sono molteplici e quindi anche le collaborazioni lo sono/lo saranno. Se sollecitato da qualche domanda non mi sottrarrò. Ma mi premeva qui offrire un supporto solido su cui attaccare il quadro. Un’opera d’arte - come è l’ambito turistico - non può essere appesa, infatti, ad un semplice chiodo.
Il lavoro da fare insieme è molto e forse neppure rettilineo. Ma ciò non mi spaventa. A tale riguardo trovo conforto nelle parole dell’ultra centenario architetto brasiliano Oscar Niemeyer: La retta - egli sostiene - è la via più breve tra due punti, ma la curva è la linea che più ricorda l’infinito, Dio.
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