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A colloquio con Mons. Capovilla: Francesco tollerato; Paolo VI santo, Gregorio VII da riscoprire


L'incontro è stato fortuito, in casa sua. È avvenuto alla presenza di altre persone.
Non ho fatto in tempo a dichiararmi pure come giornalista. Appena ci siamo presentati - dopo averci fatto prontamente accomodare - lui ha incominciato a parlare amabilmente a braccio. Lucido e profondo, ma senza una “scaletta”. Il colloquio infine l'ho interrotto io, altrimenti sarebbe durato ancor di più.
Per tutti questi motivi il testo che riporto non è una intervista, bensì un discorrere liberamente interpretato a cui ho aggiunto redazionalmente le domande visto che possedevo solo le risposte.
Una premessa prudenziale necessaria, questa, essendo il mio interlocutore S.E. Mons. Loris
Capovilla, già segretario di papa Giovanni XXIII. Ha 98. E' egli stesso quindi un pezzo di storia ecclesiale. Ascoltandolo lo si percepisce.

Eccellenza, lei è stato a fianco di un Papa e ha occhio su queste cose. Partiamo subito a dire qualcosa allora di quello regnante...
Tanti preti e vescovi, semplicemente, tollerano papa Francesco. Per lui le beatitudini sono il cuore del vangelo. Queste sono le categorie che bisogna avere. Francesco guarda agli uomini come uomini, come figli di Dio. Se sono credenti bene, se non lo sono lo saranno.

Si è da poco conclusa la GMG in Brasile celebrata con toni inediti. Nuovi sono stati anche i contenuti?
Direi di no. Basta leggere il testo conclusivo del Concilio Vaticano II: fiducia nell'uomo e dialogo. Francesco in Brasile si è proprio presentato così: non ho né oro né argento, ma porto Cristo...

Francesco sembra aver portato diverse novità. E altre ne sono annunciate. Anche Giovanni XXIII è stato un innovatore con l'intuizione del Concilio. Vede dei parallelismi?
Sì, ma non come li intende il grande pubblico. Papa Giovanni non si è mai percepito come un novatore. Rideva di questi giudizi. Mi ripeteva spesso: “tutti sono sorpresi per l'indizione del Concilio. Un fatto inedito, scrivono. Ma se ne hanno già celebrati 20 nella storia! Dov'è la novità?”.
Se nuovo significa ritornare alle origini allora sì.

In questa ottica ciclica, se ritorna la necessità di riscoprire l'essenzialità nella Chiesa è perché i tempi non sono buoni. La storia ha lasciato incrostazioni...
E' vero. Dobbiamo ripartire da una operazione di verità. La Chiesa per troppo tempo ha inseguito i poteri forti e si è legata a loro. Ha perso libertà.
Le crisi nella Chiesa ci sono sempre state e anche di peggiori di quella presente. Non spaventiamoci allora. Incoraggiamo i riformatori. Solo quelli però che predicano con la coerenza della vita.

Ha parlato di libertà e di operazione verità. In altre parole di conversione...
Questa mattina è stato da me un prete di un movimento. Gli detto: tutti, anche voi, avete qualcosa per cui convertirvi. Il movimento è uno strumento! Quando ingabbia la vita non serve. Ciò vale per tutte le esperienze del cristiano.

Forse anche per quelle extra-ecclesiali?
Certamente. Anche se un credente non ha un “fuori” e un “dentro”. Egli dovrebbe agire sempre come credente e sentendo “cum ecclesia”.
Mi chiedo, ad esempio, quale coerenza c'è in quei cattolici che parlano contro gli immigrati? Non certo una coerenza col vangelo. Francesco è andato a Lampedusa. I critici, seppur con qualche eccezione, si sono messi la sordina poiché sarebbe stato difficile attaccare un papa coerente.
Oggi la Chiesa dovrebbe riscoprire la figura di Gregorio VII. Spogliata dagli elementi di caducità, la sua vicenda è una vicenda di libertà.
Il cardine del suo programma politico-ecclesiastico va ricercato nella sua opposizione all'impero, al potere.
Egli è morto ed è sepolto a Salerno. Sulla sua tomba c'è la frase: “Ho amato la giustizia e ho odiato l'iniquità: perciò muoio in esilio”. Un bell'esempio.

È stata annunciata la canonizzazione di papa Giovanni. Lei sarà molto contento...
Il più grande papa del XX secolo, santo, è Paolo VI. Lo avevano mandato a Milano per fermargli la carriera, ma la provvidenza ha voluto diversamente.
Detto questo, ho notizie che avrebbero dovuto elevare all'altare insieme Giovanni XXIII e Paolo VI come i papi del concilio e Giovanni Paolo II come testimone ed esecutore del concilio stesso. Non so cosa sia successo, ma così non sarà.

Lei parla spesso del Concilio. Ma è stato da sempre così entusiasta?
No. Le racconto un aneddoto. Quando ero segretario di Roncalli a Venezia, il Patriarca mi diede questa regola: “se faccio una nomina che a te piace, puoi dirmi la tua soddisfazione: quel prete è davvero bravo e ha tanti pregi. Se invece ne faccio una che non ti aggrada devi tacere, non devi metter in cattiva luce un tuo confratello. Perché può sempre cambiare o io ho informazioni in più”.
Bene. Ogni volta che in privato Giovanni XXIII mi accennava all'idea del Concilio io tacevo. Di fronte al mio ostinato silenzio gli ho ricordato la regola degli anni veneziani...
Per fortuna anch'io posso cambiare. E ho cambiato quasi subito parere sul concilio.

Come intendeva il Vaticano II papa Giovanni?
Glielo dico con parole non mie, ma di Primo Mazzolari. Nel testo che le leggo c'è il riassunto del concilio come lo intendeva Roncalli: “I teologi, che saranno chiamati in Concilio, dovranno disimparare, prima di entrarvi, il linguaggio complicato dei loro manuali e delle loro dispute e rivederlo su quello paterno di Giovanni XXIII.
Le grosse parole non custodiscono sempre bene la verità, né danno speranza e consolazione. Tutti i problemi dell'ora, sono sul piano dell'uomo: la salvezza è sul piano dell'uomo, fatto da Cristo.
Il Concilio dica alto e chiaro ciò che la Chiesa ha in serbo per l'uomo, per la sua anima come per il suo corpo: per il pane come per il vestito, per il suo bisogno di pace come per il suo bisogno d'amore.
Dica, per rassicurarlo definitivamente, che non c'è posto per nessuna guerra, né per la vendetta, né per la violenza.
Dopo tanto parlare dei diritti dell'uomo senza Dio, la Chiesa proclama i diritti dell'uomo figlio di Dio e fratello di Cristo, dando voce ad ogni creatura, mettendo la parola fine sopra la babele dell'orgoglio tecnico, che sta preparando la fine dell'uomo” (Don Primo Mazzolari, L'Adesso, l. III. 1959: 33 giorni dopo l'annuncio del Concilio).

Grazie Eccellenza. Ora la lasciamo andare a pranzo...
No (e qui parte un sorriso furbetto, ndr), io mangio un boccone. Il pranzo lo fate voi...

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