Venerdì sarò presente al termine del convegno di Villa
Cagnola di Gazzada dal titolo: «tra la terra e il cielo». Saluterò
il Patriarca cattolico di Gerusalemme che sarà tra i relatori. Qui
riporto una sua intervista, comparsa su Avvenire alla vigilia del
convegno.
Fouad
Twal, patriarca latino di Gerusalemme, è uomo cordiale e dal sorriso
largo, pur in mezzo alle preoccupazioni che inquietano i cristiani
del Medio oriente. Parlare con lui di Gerusalemme fa presentire la
sacralità di una città che, come
dal titolo del convegno cui
partecipa in questi giorni a Villa Cagnola di Gazzada (Varese), sta
«tra la terra e il cielo».
Il
titolo del suo intervento suona così: «Gerusalemme, patria comune
per tutti i cristiani e cuore del mondo». È ancora tale oggi la sua
città?
«Certo,
dal momento che qui hanno avuto luogo tutti gli eventi centrali della
nostra salvezza. E anche perché in questa località tutte le grandi
religioni monoteistiche hanno la loro capitale spirituale. Tutti
vengono qui a pregare, cristiani, ebrei e musulmani. E si può dire
che per amore di questa città la gente è anche disposta a uccidere.
In diverse situazioni di recente ho parlato e sentito parlare della
centralità di Gerusalemme: all’Incontro mondiale delle famiglie a
Milano in molti hanno fatto riferimento alla "famiglia-modello",
quella di Nazareth. Al Congresso eucaristico di Dublino ho
sottolineato che non ci sarebbe un 50° Congresso internazionale se
non ci fosse stata l’ultima cena di Gesù a Gerusalemme. A breve al
Sinodo a Roma parleremo della nuova evangelizzazione: ma per
affrontare quella "nuova" dobbiamo rifarci a quella
"vecchia": un piccolo gruppo di discepoli che costituivano
una piccola comunità che viva nell’amore, nella solidarietà,
unita in una causa da difendere, il Cristo risorto».
Oggi
però dal punto di vista socio-politico il Medio oriente, o meglio
Gerusalemme e dintorni, non sembrano più «il cuore del mondo».
Qual è il suo giudizio sulla congiuntura politica?
«La
situazione è ferma, il focus del Medio oriente oggi non sono più
Israele o i Territori palestinesi ma la Siria. L’attenzione poi,
nel mondo cristiano, ora si concentra tutta sull’imminente viaggio
del Santo Padre che soggiornerà in Libano tre giorni. Comunque, non
sono ottimista sul processo di pace: la situazione è in stallo e
nulla si muove. Speriamo che l’appello del Santo Padre possa
smuovere verso la pacificazione e la riconciliazione. Siamo molto
preoccupati per quel che sta succedendo in Siria e temiamo che la
violenza possa estendersi anche in altre parti del Medio oriente».
È
notizia di oggi quella riguardante un episodio triste di profanazione
di un monastero da parte di integralisti ebrei …
«Sì,
martedì mattina alcuni vandali estremisti israeliani hanno tentato
di bruciare la porta del monastero dei trappisti di Latrun e
imbrattato i muri con frasi ingiuriose contro Gesù. Sono contento
che le autorità israeliane e quelle musulmane hanno condannato
questo atto vandalico gravissimo. Ma penso che la condanna a voce non
sia sufficiente, non basta: bisogna far seguire delle conseguenze.
Queste persone devono capire la gravità di quello che hanno fatto.
Anche questo triste episodio ci fa capire come l’educazione abbia
un risvolto centrale: lo capiamo bene in questi giorni mentre le
nostre scuole, che accolgono studenti di diverse religioni, stanno
riaprendo. Questo integralismo ebraico mi preoccupa, come ogni
estremismo del resto: negli ultimi tempi sono avvenuti atti vandalici
contro la chiesa anglicana di Akkro e la distruzione di un cimitero
cristiano nel Sud di Israele. Non siamo solo noi preoccupati: questi
fatti inquietano anche la società israeliana, ogni estremismo è
qualcosa di grave. Di fronte a questi fatti mi domando: ma è normale
che ciò accada?».
Nei
giorni scorsi ha suscitato grande eco la morte del cardinale Martini,
grande amante della Terra Santa e di Gerusalemme in particolare …
«Come
patriarcato abbiamo mandato un telegramma al cardinale Scola in cui
abbiamo ricordato la grande figura del cardinale Martini e la sua
presenza a Gerusalemme. Per noi il suo stare qui è stata una grazia:
era una figura di vero patriarca, saldo nella fede, fermo, felice e
sicuro nel suo carisma. Predicava spesso ritiri spirituali ai
sacerdoti nella chiesa delle suore di San Giuseppe. Ha vissuto la
complessità della Terra santa dal punto di vista politico ma senza
parlare il linguaggio della politica, restando invece sulla
dimensione della spiritualità. Il nostro è un ricordo molto grato.
Spero che dal cielo continui a ricordarsi di questa Terra, che è
stata anche la sua».
Lorenzo
Fazzini
Avvenire
6.9.12
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