E' stata inaugurata ieri
ad Oreno di Vimercate una mostra su Leonardo da Vinci
(https://it-it.facebook.com/LaLodovica) che resterà aperta durante
tutti i sei mesi di Expo.
A me è stata affidata la prolusione della
mattinata. La riporto sotto. Alla Cascina Lodovica, location della
mostra, sono arrivato, insieme al clero locale, con la carrozza (foto). Un tuffo nel passato.
Il tema che mi è stato
affidato - a modo di cornice, per contenere quasi gli interventi che
mi hanno preceduto - prende spunto da una affermazione di G. Bernard
Shaw: Si usa lo specchio per guardare il viso; e si usa l'arte per
guardare la propria anima.
Innanzitutto osservo che
le due parti (anima e viso) non sono giustapposte, bensì unite da
una congiunzione. Ed è così allora che
intendo trattarle. Partendo
dalla fine. Proprio per palesare il mio approccio: la storia e la
coscienza; l'estro creativo ed il Creatore vanno a braccetto.
Motiverò questa mia
convinzione con esempi tratti dalla Scrittura. Sono flash che, come
tutti i post-it, propongono intuizioni lasciando a ciascuno gli
approfondimenti.
Il primo pensiero va
quindi all'anima. A quello spazio intimo che tutti percepiscono in
sé. Credenti e non credenti. Lo diceva Saramago, non certo un
ecclesiastico: Dentro di noi c'è qualcosa che non ha nome, quel
qualcosa è ciò che siamo.
Ecco. L'anima deve essere
l'orizzonte della nostra ricerca. La meta che motiva il viaggio. La
forza che sorregge l'esperienza. Anche quella del bello, come è
possibile fare in questo sito di Oreno.
Sapendo però che
l'operazione non è mai automatica. Ci vuole decisione. O, per dirla
con semplicità: bisogna metterci l'anima. Gli organizzatori della
mostra su Leonardo ne hanno dato esempio. A loro il nostro grazie. Ma
non possono restare soli. C'è bisogno di continuità.
Il Libro delle Cronache
(2 Cr 15,12) rende con un bel versetto questa idea: Si obbligarono
con un'alleanza a ricercare il Signore (…) con tutto il cuore e con
tutta l'anima.
C'è poi la sfera
dell'arte, della creatività. Quella dimensione che ci fa più
somiglianti al Creatore e che ci permette di dialogare con lui. In
modo sommo con la preghiera. La Bibbia prevede che l'orazione abbia
una regola. Una norma che migliora la qualità del dialogo interiore:
Cantate al Signore un canto nuovo, suonate la cetra con arte e
acclamate (Salmo 32,3). La spiritualità più elevata pretende
l'arte.
Entrambi i mondi (l'arte
e l'anima) – e qui recupero lo specchio - devono allora
considerarsi autonomi al proprio interno, ma non autosufficienti. È
l'umiltà della dipendenza reciproca che li accomuna.
Quella umiltà che fa
dire come l'arte sia solo evocativa e l'anima non si dia in purezza,
bensì avvolta in un corpo.
San Paolo, nella seconda
Lettera ai Corinzi (3,18), lo esplicita così, ricorrendo all'esempio
della superficie riflettente: E noi tutti, a viso scoperto,
contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo
trasformati nella sua stessa immagine.
E veniamo infine al
viso. Nel quale dobbiamo trovare i tratti della sua stessa immagine,
come ho appena citato. Un volto trasformato dall'amore.
Ci soccorre al riguardo
il Cantico dei Cantici (2,14): Mia colomba, (…) mostrami il tuo
viso,/ fammi udire la tua voce;/ poiché la tua voce è soave, e il
tuo viso è bello.
È l'amore, quindi, che
nutre l'incanto, qualificando ogni relazione umana. Per riconoscere
che di fronte a noi c'è un uomo con un volto.
Nella cornice offertaci
da Expo, non possiamo dimenticare che anche il povero ha un volto e
che il suo sostentamento passa pure attraverso l'offerta di occasioni
di bello.
Lo ha ricordato ieri il
Papa: Vorrei che ogni persona che passerà a visitare l'Expo,
attraversando quei meravigliosi padiglioni, possa percepire la
presenza dei volti di milioni di persone che oggi hanno fame. Un
pensiero non nuovo per Francesco. Lo aveva già manifestato invitando
i senza tetto di Roma a visitare la Cappella Sistina e offrendo loro
successivamente la cena. È una piccola carezza, aveva detto in
quella occasione.
Mi auguro allora che chi
si confronterà con le scoperte leonardesche qui accolte percepisca
che esse sono in favor homini. Ma ancor più, mi auguro, che le
esperienze artistiche si aprano alla dimensione caritativa così
intesa. Quella che nutre l'uomo intero.
Ci troviamo in una
location che di suo unisce l'arte ed il cibo. Incoraggio allora a
trovare, nei prossimi mesi, una data che proponga etica ed estetica.
Che replichi il gesto
papale facendo fare l'esperienza del bello anche ai più poveri.
Mostrando così, per
fermarci sul volto, l'immagine del Padre. Quella che Francesco ha
voluto sin nel titolo della Bolla che indice l'Anno santo:
Misericordiae Vultus.
Perché tutti hanno
diritto a toccare il cielo almeno una volta. Anche se la forza di
gravità rema contro.
Concludo citando
Leonardo da Vinci, a motivo del quale siamo qui. Ecco le sue parole
al riguardo: Una volta aver provato l'ebrezza del volo, quando sarai
di nuovo coi piedi per terra, continuerai a guardare il cielo.
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